Le notizie sono due: la prima è che il 25 aprile
scorso, Francesco Guccini ha messo on line un video (molto breve)
dove canta una sua versione di "Bella ciao" (qui per ascoltare). Un piccolo
sfogo, che molti di noi condividono e che ha causato una risposta
piccata da parte di una esponente del centro destra. La seconda
notizia riguarda la stessa esponente del centro destra che in questi
giorni, insieme ad altri più o meno nostalgici della dittatura, ha
preso posizione contro il governo definendo anticostituzionali i suoi
provvedimenti contro il corona virus. Se ne può discutere, per
intanto prendo atto (ed è una cosa che andrebbe sottolineata) che
c'è chi contesta il 25 aprile e si dichiara disturbato da "Bella
ciao", ma nel contempo si erge a difensore della Costituzione
nata proprio da quel 25 aprile del 1945. Due ipotesi: o si sono
finalmente convinti che la Costituzione è bella e giusta, oppure
(molto più probabile) stanno mentendo con molta spudoratezza.
A me
sarebbe piaciuto che qualcuno, davanti al commento di Giorgia Meloni,
avesse ricordato che lei e la sua parte politica sono responsabili
della perdita di efficienza della Sanità pubblica a favore di
privati, e che sono stati al governo con Formigoni & Co.
Sorvolo,
perché il discorso sarebbe lungo e penoso (Roberto Formigoni, presidente per
quindici anni della Regione Lombardia, ha subìto una condanna
definitiva a cinque anni di carcere proprio per questioni legate alla
Sanità: ma non governava da solo) e torno per un attimo a Francesco
Guccini. Immagino che Guccini abbia deciso questa sua uscita anche
per via dei ripetuti tentativi di appropriazione delle sue canzoni da
parte di simpatizzanti di Casa Pound e Forza Nuova (che non hanno
dunque capito niente di Guccini), e quindi lo capisco. A Guccini, e a
noi tutti, vorrei però ricordare (spiace farlo) che tra due anni
sarà il centenario della marcia su Roma. Potete starne sicuri,
canteranno dappertutto Giovinezza e Faccetta nera, o ci proveranno, e
la scusa sarà la compensazione - ma compensazione per che cosa? O si
difende la Costituzione, o si canta Giovinezza e Faccetta nera: questi si nascondono dietro il tricolore dimenticando i morti e le rovine lasciate dai fascisti, l'Italia distrutta del 1945, la fuga degli istriani dopo che i fascisti persero una parte d'Italia, anche la tragedia delle foibe non sarebbe successa senza la RSI. Ma si
può ancora seguire la logica, ragionare e discutere, di questi tempi?
PS: intervistato dal "Corriere della Sera" per il suo compleanno (auguri!) Guccini spiega:
- L’hanno criticata per la sua versione di Bella ciao, in cui si augura che i partigiani portino via Salvini, Berlusconi e la Meloni. Che le ha risposto: dove ci vorrebbe portare Guccini?
«Hanno la coda di paglia: subito hanno pensato a piazzale Loreto. Ma io non avevo intenzioni malevole. Mi basta mandare Salvini al mare con il mojito, e restituire Berlusconi alle sue tv e alle sue fidanzate. Nel frattempo la Meloni potrebbe spezzare le reni alla Grecia».
(dal Corriere della Sera 7 giugno 2020, per gli ottant'anni di Francesco Guccini)
giovedì 30 aprile 2020
sabato 25 aprile 2020
«Nuova normalità»
1) Quell'apparecchio, che veniva
chiamato teleschermo, si poteva abbassare di volume, mai annullare
del tutto.
2) Lontano, un elicottero volava fra un
tetto e l'altro; se ne restava librato per qualche istante come un
moscone, e poi saettava con una curva in un'altra direzione. Era la
squadra di polizia, che curiosava nelle finestre della gente. Le
squadre non erano granché importanti, tuttavia: quello che
soprattutto contava era la polizia del pensiero, la cosiddetta
Psicopolizia.
3) Si doveva vivere, o meglio si viveva
per un'abitudine che era infine diventata istinto, tenendo presente
che qualsiasi suono prodotto sarebbe stato udito e che, a meno di
essere al buio, ogni movimento sarebbe stato visto.
(George Orwell, 1984, le prime tre
pagine)
Nella cosiddetta "fase due"
del periodo del Covid-19 dovremo dunque andare in giro con le
mascherine sul volto, e con una "app" sullo smartphone che
segnali tutti i nostri movimenti: alla tv, sui tg Rai, questa viene
definita "nuova normalità". Siamo dunque ben dentro alla
"neolingua" immaginata da George Orwell settant'anni fa:
inventarsi una frase come "nuova normalità" è soltanto
ipocrisia, perché la normalità consiste nell'andare in giro senza
mascherine, nell'abbracciarsi, nello stringersi le mani. Il resto
sono balle, invenzioni linguistiche senza senso, l'ennesima trovata
degli inventori di slogan pubblicitari che ormai hanno invaso ogni
nostra comunicazione. Che mai significa "nuova normalità"?
(sarà come questa, magari) E che dire dell'altro slogan,
"andrà tutto bene"? Ci sono 500 morti al giorno, da due
mesi in qua: andatelo a dire ai parenti delle vittime che andrà
tutto bene e vediamo cosa vi risponderanno.
Meno male che c'è il Papa a
ricordarlo, ancora una volta papa Francesco dice le cose come stanno:
la normalità è nel contatto umano, in un sorriso, in un abbraccio.
Il resto sono balle, ipocrisia: stiamo vivendo un periodo di
emergenza, prendiamo i provvedimenti più adatti e speriamo che passi
presto, che si possa tornare presto alla normalità - quella senza
aggettivi, per piacere. Confesso che sono molto più preoccupato del
"dopo" che non del virus in sè. Siamo in un periodo molto
delicato, è la democrazia stessa ad essere in pericolo. Oggi è il
25 aprile, la democrazia non è stata un regalo ma una conquista; l'auspicio è di non
perdere questi ultimi 75 anni di pace e di buona convivenza, ma
quello che vedo e ascolto non mi dà molte speranze.
La gente semplicemente non capisce,
pochi hanno letto Orwell (1984) e Huxley (Brave new world) e anche
tra quelli che li hanno letti pochi hanno capito. Le nuove tecnologie
sono belle ma molto pericolose; in ballo c'è proprio la normalità,
e la democrazia che della normalità fa parte.
Gli imbonitori non mancano: una notizia
recente circola a proposito di Google view, con un giovane uomo che
dice "ho rivisto mio padre": morto sette anni fa, il padre
di quest'uomo era stato immortalato su Google View e non è mai stato
cancellato. Le nostre immagini, riprese e mandate in diretta, dunque
non vengono mai cancellate: la violazione della privacy è colossale,
ma è così ben cammuffata dal modo in cui è data la notizia che
quasi non ci si fa caso. I teleschermi nelle stazioni, il
riconoscimento facciale, le videocamere ovunque, gli smartphone, la
smart tv che memorizza le nostre preferenze, perfino le bambole che
registrano cosa dicono le bambine e lo trasmettono al produttore del
giocattolo (per quest'ultima cosa è in corso un procedimento
giudiziario in Germania, purtroppo non è una notizia inventata). La
scusa è sempre pronta: il terrorismo e la criminalità, adesso anche
le malattie, fanno mettere da parte la privacy come cosa secondaria.
Del resto, la privacy è stata ridotta a barzelletta da leggi e
regolamenti recenti: non ci si può opporre all'invadenza, se non dai
il consenso al trattamento dei tuoi dati ormai non puoi fare più
niente. Sui siti internet, e purtroppo anche su Raiplay (parte del
servizio pubblico) puoi dialogare solo con un tasto con su scritto
"ok approvo". O approvi, o sei fuori: e così andrà anche
con la app "Immuni".
Altri esempi di neolingua, o di
sbadataggine pura e semplice (fate voi): nei corridoi di un ospedale
comasco è apparso un cartello con una frase di Paul Claudel: «Quando
pensiamo che sia giunta la fine, ecco che un pettirosso si mette a
cantare». La metto a confronto con un'altra notizia, sempre dallo
stesso giornale (La Provincia di Como) e nella stessa data (21 aprile
2020): a Lambrugo si costruirà un nuovo supermercato, su un'area
agricola a cui è stata cambiata destinazione. C'è ancora spazio per
i pettirossi? In un servizio recente del telegiornale si mostrava
come si stia pensando di sostituire le api con piccoli droni, per
l'impollinazione; figuriamoci cosa importa dei pettirossi a chi passa
le giornate chino sullo smartphone. E, soprattutto, non sono mica
tanto sicuro che i parenti dei morti in quell'ospedale (e in altri)
leggano volentieri queste frasi. Per i loro cari, il pettirosso non
canterà mai più.
In questi giorni, da lombardo, ho anche
scoperto che quelle che io chiamavo ASL, azienda sanitaria locale,
sono diventate ATS. La novità è di tre anni fa, ma io non ci avevo
fatto caso e ci sono arrivato solo dopo una conferenza stampa del
presidente della Regione. La A è rimasta ed è sempre quella,
significa "azienda": diventare come delle aziende, che
magari fanno profitti, era la parola d'ordine dei Formigoni, dei
Berlusconi, dei Brunetta, della Lega. Sono passati più di vent'anni,
era già neolingua.
Infine, io non ho uno smartphone. Cosa mi succederà?
martedì 21 aprile 2020
Macbeth con Michael Redgrave
Un pomeriggio ci portarono a teatro, il
Re Lear di Michael Redgrave, papà di Vanessa che era allora bambina.
Capivo l’inglese di Shakespeare un po’ meglio di quello corrente,
ma sempre poco. L’impressione principale fu di una rappresentazione
della filodrammatica dei pompieri. Gli attori avevano indosso delle
palandrane, delle cappe mimetiche di tela cerata, e cappelli da
vigili del fuoco. A un certo punto uno dei vigili cavava gli occhi a
un collega.
Tutto sembrava molto goffo, mi riusciva
incredibile che la gente potesse non dico apprezzare ma anche solo
prendere sul serio questa versione del dramma, questa parodia. Avevo
un’idea (come sempre, in parte immaginaria ma che a suo tempo si
rivelò vicinissima al vero) della sovrumana grandezza dei testi di
Shakespeare, e mi pareva assurda la pretesa di rappresentarli in
forme corporee. Sturbare quello sgorgo di quasi comprensibili versi
immortali, farne una piccola sagra di gente con le barbe finte, con
strane parrucche, o (peggio) col ciuffo dei propri capelli devastato
dai tipici tagli inglesi da dopoguerra, specie sopra la coppa...
Affidarsi a voci, alcune roche, alcune nasali, a corpi non tutti molto belli o
almeno molto brutti: e poi vestire il grande Re a quel modo, quando
non era in camicia, in divisa da Vigilanza Notturna!
Luigi Meneghello, Il dispatrio pag20
ed. BUR 2007
venerdì 17 aprile 2020
Millennium bug
Gli storici seri dicono
che la paura dell’anno mille di cui si favoleggia ancora (”mille
e non più mille”, con annesse profezie millenaristiche) non è mai
esistita. Per molte ragioni, due delle quali decisive: la prima è
che nell’anno 999 il calendario era ancora molto aleatorio, e la
seconda è che la gente aveva ben altro a cui pensare, carestie e
guerre e invasioni barbariche comprese.
Comunque adesso siamo nel
1999, e le vecchie storie sono tornate d’attualità. A dire il vero
non ci crede nessuno, e non ne parla nemmeno nessuno: come al solito,
le chiacchiere in fabbrica vertono sul campionato di calcio, sulla
tv, su pettegolezzi vari. Però un problema c’è: bisogna sistemare
i computer perché non tutti i programmi sono stati studiati per il
nuovo millennio. Per dire: è probabile che 01 sulle date venga letto
come 1901, e sarebbe un guaio. E poi c’è il millennium bug, il
baco del millennio, il terribile virus informatico che potrebbe
scatenarsi alla mezzanotte del 31.12.1999.
Contemplo il vecchio 286
al quale è collegato il cromatografo: lo usiamo pochissimo, la Ditta
in questo momento non ha soldi, si è stabilito che il pc è vecchio
ma funziona, le analisi vengono bene lo stesso, in futuro se arrivano
soldi si vedrà. Nel buco del floppy disk abita un ragno, o forse
ci abitava: una volta l’ho visto, c’è ancora la ragnatela, ma
chi ha mai messo un floppy disk in quella fessura? Quand’era nuovo,
forse – ma adesso?
Eppure eccoli lì, la
morettina e l’ex chitarrista (il mio nuovo capo e il responsabile
dei servizi generali), ad armeggiare anche intorno a questo antico
reperto di fine millennio.
« Mi rac-co-man-do: non
spegnete questo computer. Il signor Missoni ha appena caricato
l’antivirus, il computer deve stare acceso così l’antivirus può
controllare e bloccare in tempo ogni tentativo di aggressione. Non
spegnete mai questo computer! Anzi, prendimi un’etichetta di quelle
grosse, e il pennarello rosso, e facciamo subito un cartello da
mettere qui. Mi raccomando, scrivilo bene in grande: NON SPEGNERE!,
col punto esclamativo. No, così è troppo piccolo. Lascia, che lo
faccio io.»
Ma io adesso so chi ha
ucciso il ragnetto nel buco del floppy: è stato Luca, che insiste a
giocare col Tetris su questo pc, che è l’unico non collegato in
rete. Beh, il ragnetto è stato poco furbo e se l’è cercata, ma io
mi ci ero affezionato, mi piaceva vederlo fare capolino mentre
titolavo il monocloroacetato libero. Di sicuro sarò stato travolto e
spiaccicato dal floppy disk del tetris, povera anima: per lui la fine
del mondo è arrivata per davvero.
PS: intanto, sono passati vent'anni; ripubblico questo raccontino di vita vissuta sperando che vi faccia sorridere. Non fidatevi delle superstizioni, dei venerdì 17, dei cambi di millennio: sono solo numeri che ci siamo inventati noi umani.
PS: intanto, sono passati vent'anni; ripubblico questo raccontino di vita vissuta sperando che vi faccia sorridere. Non fidatevi delle superstizioni, dei venerdì 17, dei cambi di millennio: sono solo numeri che ci siamo inventati noi umani.
martedì 14 aprile 2020
La buretta magica
La béuta è una piccola
bottiglia, o bicchiere, fatta un po' come un vaso di fiori. Può
essere di varie dimensioni, avere la bocca larga o stretta, avere un
tappo smerigliato oppure no: l'importante è che sia comoda, e adatta
allo scopo.
La buretta invece è un
tubo graduato, molto lungo e stretto, con in fondo un rubinettino,
dal quale far scendere a goccia a goccia il reagente (di solito,
dentro ad una beuta). Ma questo in tempi antichi: ormai le burette di
questo tipo non si usano quasi più, e sono state soppiantate, già a
partire dagli anni '70, da un altro tipo di apparecchio: una
bottiglia collegata tramite tubicini di plastica a una pompetta a
pistone. Il pistone sale e scende, più veloce o più lento, azionato
da un pulsante simile a quello dell'autopista; e a fine corsa (di
solito 20 centimetri cubi) si ferma e torna a riempirsi, pescando
dalla bottiglia che contiene il reagente. E' molto più comodo e più
preciso, non richiede una gran manutenzione e c'è un solo problema:
che il collega che era in turno prima di te non abbia riempito la
bottiglia (ahimé, succede).
Detto questo, penso che
invece tutti sappiate cos'è una stagista: è una studentessa (in
questo caso è una ragazza, ma può essere anche un maschio) che
viene mandata in fabbrica per imparare qualcosa sul mondo del lavoro.
Una pratica molto utile, e molto apprezzata; e poi, in questo caso,
la stagista è una ragazza molto carina, e il mio collega più
giovane (un bravissimo ragazzo) le ha messo subito gli occhi addosso.
Il mio collega è molto educato e un po' timido, la ragazza anche. E
così, quando ci portano un campione d'impianto, il giovane analista
le chiede se vuole guardare mentre si fanno le analisi su quel
campione. Detto fatto, eccoli davanti alla buretta automatica (di
quelle con lo stantuffo) ad iniziare l'analisi. Il nostro capo, la
Dottoressa, è curiosa: e poi questa è un'analisi che sa fare, e
vuol darsi un contegno. E' un'analisi a controllo visivo, cioè
bisogna aggiungere il reagente al campione fino a cogliere il
viraggio, cioè il cambiamento di colore, dal rosa al grigio-azzurro,
che indica la fine dell'analisi. Un'analisi di routine, per noi: ne
facciamo anche venti o trenta per turno.
- Glielo faccio vedere io,
- dice la Dottoressa all'analista - intanto tu vai di là al computer
a fare quei certificati, che il magazzino li richiede già da
mezzora.
Il giovane analista, forse
un po' triste, esegue e si allontana. Intanto arriva il Dottor
Biribò: perché questo non è un campione qualsiasi. L'impianto,
infatti, ha dei problemi e servono subito i dati: soprattutto quello
che deve uscire da quest'analisi che la Dottoressa sta mostrando alla
stagista. Ma il viraggio non arriva, eppure abbiamo già messo molto
più reattivo di quello che servirebbe.
- Provi un po' a fare il
conto, - suggerisce, gentile ma teso, il Dottor Biribò - Dovrebbe
venire un valore intorno al 29%.
- Viene 45: è possibile?
- risponde dopo un po' la Dottoressa.
- No. - risponde il Dottor
Biribò, forse cominciando un po' a sudare freddo. - Forse c'è
qualcosa che non va. E' giusta la pesata?
- Penso, - risponde la
Dottoressa; e continua l'analisi, mentre il povero Biribò va su e
giù per il laboratorio come un'anima in pena, e ha già telefonato
due o tre volte in reparto. Finalmente, la Dottoressa si risolve di
chiamare il suo sottoposto, che arriva e controlla.
- Non è che ne hai pesato
troppo, di campione? - gli chiede un po' stizzita.
- No, Dottoressa: è che
la bottiglia è vuota. Stava pompando aria, e non reagente. Non se ne
è accorta? Eppure il livello del liquido nella beuta non è
aumentato... a quest'ora dovrebbe traboccare. La riempio subito, ma
poi bisognerà rifare il fattore...
- Non importa, lasci
perdere - dice il Dottor Biribò. - Fate pure con calma, tanto stanno
già cambiando produzione. Vi faccio portare il campione direttamente
dalla macchina.
E se ne va, stranamente
controllato, forse sospirando. Il mio giovane collega comincia a
riempire la bottiglia del reagente, assistito dalla stagista. Che è
proprio carina: ha un aspetto quieto e intelligente, e - forse per
via dei suoi lineamenti ancora un po' infantili - assomiglia a una
di quelle belle bambole di porcellana che una volta si mettevano sui
letti matrimoniali. Che peccato, che io non sia più tanto giovane...
PS: Magari qualcuno si chiede perché pubblico queste cose, domanda più che legittima. Provo a spiegare: il primo motivo è che mi sono divertito a rileggere, sono passati tanti anni e me ne ero dimenticato ma è un numero comico degno di Stan Laurel & Oliver Hardy. Il secondo motivo, e chiedo scusa se qualcuno si offende, è che vent'anni fa pensavo di essere stato sfortunato e invece stavo assistendo in prima persona a un cambiamento epocale. Dal 1998 in qua, infatti, queste persone hanno cominciato ad assumere posti sempre più di rilievo; i risultati sono sotto i nostri occhi in questi giorni. Per fortuna, c'è ancora molta gente capace, non tutto è perduto.
PPS: per chi avesse equivocato, qui c'è scritto cosa penso delle donne sul lavoro. Questa è una storia vera, vorrei tanto poterla modificare ma così è andata.
venerdì 10 aprile 2020
Il fantasma del maestro Fuscetto
Difterite: la prima volta che ne ho
sentito parlare è stata con mia mamma, che negli anni '30 scampò
alla difterite. Doveva essere tra il 1936 e il 1939, perché andava
già a scuola; rimasero uccisi bambini e bambine che andavano a
scuola con lei, o vicini di casa. Anche mia zia, sua sorella
maggiore, prese quella malattia ma riuscì a superarla. La difterite
è una malattia terribile, ti impedisce di respirare, come uno
strangolamento; l'unico rimedio era la tracheotomia, ma bisognava
muoversi velocemente. Della difterite non si ricorda più nessuno, è
una malattia completamente scomparsa; tutti i nati dopo gli anni '40
sono stati vaccinati contro la difterite, già quando io ero bambino,
all'inizio degli anni '60, non se ne parlava più e anche il nome era
stato dimenticato. Ho ripensato alla difterite, e al racconto di mia
mamma, leggendo su Repubblica del 9 aprile scorso questo titolo che
mi ha fatto venire l'angoscia: - “Altro che privacy! Le app per
controllare la diffusione del virus?
Dovrebbero essere gestite da istituzioni pubbliche e diventare
obbligatorie come i vaccini”. Lo dice Shoshana Zuboff sociologa
di Harvard, autrice di "Il capitalismo della sorveglianza",
libro pubblicato l'anno scorso e che mette in guardia dall'invadenza
delle moderne tecnologie. In estrema sintesi, si tratta una "app"
da mettere sullo smartphone che certifichi la nostra sanità fisica;
in Cina è già in uso, segnala dove sei e chi hai avvicinato, in
ogni istante. Premesso che io non ho nemmeno lo smartphone, mi sembra
un'idea terrificante.
Le epidemie passano, per una volta mi sento di essere ottimista: tra un anno avremo il vaccino anche contro il Covid-19, già oggi sono state trovate cure che funzionano, e le notizie in merito si trovano su tutti i quotidiani e i tg, con sempre maggiore frequenza. Nel 2021 saremo tutti vaccinati, e molto probabilmente nel 2022 anche il Covid-19 sarà un ricordo; dovremo affrontare altre emergenze, perché stare al mondo non è uno scherzo, ma non è detto che siano necessariamente emergenze sanitarie. E, anche se arrivasse un'altra malattia, non è detto che abbia le stesse modalità di trasmissione: il "morbo del legionario", per esempio, si diffuse attraverso tubature infette, l'Aids attraverso il sangue, e la meningite colpisce a tradimento quando meno te lo aspetti e senza che si sappia da dove è arrivata e perché.
Tra le emergenze da affrontare, una volta sconfitto il Covid-19, c'è certamente quella della sanità mentale: mascherine, guanti, distanziamento sociale e tutte le altre cose che vediamo oggi sono situazioni dovute all'emergenza, ma spero che svaniscano presto così come sono arrivate una volta finita l'emergenza. Se uno si rompe una gamba, per esempio, non è che poi porta il gesso per tutta la vita: lo si porta per il tempo necessario. Il tempo necessario, per guanti e mascherine, può anche essere di diversi mesi; ma poi basta, per piacere, altrimenti si cade in un altro tipo di malattia, ben conosciuta e ben descritta anche nelle facoltà di Medicina. Le cronache degli ultimi anni riportavano casi di donne che avevano l'abitudine di lavare i figli con l'alcool (con conseguente ricovero al pronto soccorso del disgraziato bambino), e i guanti se portati troppo spesso portano a dermatite. Insomma, bisogna saper distinguere tra quando c'è una emergenza e quando dobbiamo vivere la nostra vita; spero che quando sarà finita questa storia si inizi una campagna di pubblicità progresso che spinga la gente a baciarsi, abbracciarsi, stare vicini, stringersi le mani. Questa è la vita, una volta terminata la malattia dovrà essere così, altrimenti che senso ha stare al mondo? Non credo che andrà tutto bene, non lo credo affatto. Il virus verrà sconfitto, ma queste deviazioni dalla normalità resteranno.
Le epidemie passano, per una volta mi sento di essere ottimista: tra un anno avremo il vaccino anche contro il Covid-19, già oggi sono state trovate cure che funzionano, e le notizie in merito si trovano su tutti i quotidiani e i tg, con sempre maggiore frequenza. Nel 2021 saremo tutti vaccinati, e molto probabilmente nel 2022 anche il Covid-19 sarà un ricordo; dovremo affrontare altre emergenze, perché stare al mondo non è uno scherzo, ma non è detto che siano necessariamente emergenze sanitarie. E, anche se arrivasse un'altra malattia, non è detto che abbia le stesse modalità di trasmissione: il "morbo del legionario", per esempio, si diffuse attraverso tubature infette, l'Aids attraverso il sangue, e la meningite colpisce a tradimento quando meno te lo aspetti e senza che si sappia da dove è arrivata e perché.
Tra le emergenze da affrontare, una volta sconfitto il Covid-19, c'è certamente quella della sanità mentale: mascherine, guanti, distanziamento sociale e tutte le altre cose che vediamo oggi sono situazioni dovute all'emergenza, ma spero che svaniscano presto così come sono arrivate una volta finita l'emergenza. Se uno si rompe una gamba, per esempio, non è che poi porta il gesso per tutta la vita: lo si porta per il tempo necessario. Il tempo necessario, per guanti e mascherine, può anche essere di diversi mesi; ma poi basta, per piacere, altrimenti si cade in un altro tipo di malattia, ben conosciuta e ben descritta anche nelle facoltà di Medicina. Le cronache degli ultimi anni riportavano casi di donne che avevano l'abitudine di lavare i figli con l'alcool (con conseguente ricovero al pronto soccorso del disgraziato bambino), e i guanti se portati troppo spesso portano a dermatite. Insomma, bisogna saper distinguere tra quando c'è una emergenza e quando dobbiamo vivere la nostra vita; spero che quando sarà finita questa storia si inizi una campagna di pubblicità progresso che spinga la gente a baciarsi, abbracciarsi, stare vicini, stringersi le mani. Questa è la vita, una volta terminata la malattia dovrà essere così, altrimenti che senso ha stare al mondo? Non credo che andrà tutto bene, non lo credo affatto. Il virus verrà sconfitto, ma queste deviazioni dalla normalità resteranno.
Chiudo con un piccolo ricordo
personale: nei miei primi due anni di scuola, 1964 e 1965, mi è
toccato un maestro che aveva di queste fisime "igieniche".
Per lui, tutto il mondo era sporco: se cadeva per terra una penna, la
faceva rompere calpestandola e chiamava il bidello per portare via
quell'orrore (è successo a me), se cadeva un quaderno lo si faceva
lavare con acqua e sapone (il quaderno aveva dentro i compiti, non si
poteva buttar via), e altre amenità del genere. I genitori
protestarono, per fortuna lui era spesso assente e il programma
didattico fu portato avanti da supplenti senza tare mentali, ed è il
motivo per cui (ne sono ben felice) nelle foto ricordo che si
facevano a scuola lui non c'è. Il suo nome non era Fuscetto, come ho
scritto nel titolo, ma molto simile; ho conservato la rima ma ho
cambiato una vocale (più improbabile vi sembrerà il nome, più ci sarete vicini). Magari qualcuno se lo ricorda
ancora, io purtroppo sì, anche perchè tirava schiaffi agli alunni e
si vociferava su certe sue attenzioni sulle bambine. Il fantasma del
maestro Fuscetto, dopo così tanti anni, è tornato a visitarmi:
auguro a tutti voi che sparisca presto dalle nostre vite, insieme ai
guanti, alle mascherine, e alle app di controllo sul telefonino.
AGGIORNAMENTO al 18 aprile 2020: entro in un negozio e trovo un cartello, "lavarsi le mani se non si indossano i guanti". Come se indossando i guanti non ci si potesse mettere le dita nel naso, o chissà in quale altro posto. I guanti, nuovi, andrebbero indossati quando si entra nel negozio, o in farmacia (eccetera), altrimenti che senso ha? Eseguo, prendo la bottiglietta dell'igienizzante (quanti l'avranno toccata prima di me?) e non faccio polemiche, ma almeno qui posso scriverlo: hanno creato un mondo di alienati, ci sarà un gran lavoro per gli psichiatri negli anni a venire.
AGGIORNAMENTO al 29 aprile 2020: finalmente, in tv, qualcuno comincia a far presente che anche i guanti si sporcano, esattamente come le mani. Faccio appena in tempo ad esserne contento, quando ecco (ore 17 circa, su Raitre) che un ineffabile dimostratore spiega come bisogna fare: se entrate al supermercato dovete mettere i guanti (e fin qui, ci può stare) ma poi se volete prendere frutta e verdura oppure il pane dovete indossare degli altri guanti sopra i guanti che avete appena indossato. Non è finita: i guanti vanno smaltiti dentro un sacchetto di plastica, che a sua volta va messo in un altro sacchetto di plastica. Mi immagino che poi si aggiunga di mettere il tutto dentro una serie di sarcofagi di piombo e di seppellire il tutto in un apposito sito di stoccaggio situato sul pianeta numero otto della costellazione di Alfa Centauri. Battute a parte, si potrebbe far notare che fino a pochi anni fa nei supermercati c'era del personale che ci serviva come in salumeria, si indicava cosa si voleva e la persona addetta riempiva sacchetti e contenitori, idem per il pane: queste persone sono state licenziate, sarebbe bello se il lavoro lo facessero loro, in questa emergenza, e non il cliente. Una volta detto che il mondo non è così sporco, e che con le mascherine addosso non si sporca, e che basterebbe disinfettare le mani evitando così di riempire il mondo di plastica su plastica e di lattice su lattice, mi è bastata un'occhiata in giro per vedere, in strada, i guanti monouso buttati dove capita, accanto alle cacche di cane. Prima c'erano per strada cicche di sigaretta e cacche di cani, oggi abbiamo cicche di sigaretta, cacche di cane, e guanti monouso. Così va.
AGGIORNAMENTO al 15 maggio 2020: cominciano a vedersi, sempre più frequenti, articoli e interviste che parlano in toni allarmati dello smaltimento di guanti monouso e mascherine. E' quasi tutta plastica (i guanti dei supermercati, per esempio), lattice, fibre sintetiche (quindi ancora plastica). La situazione rischia di divenire allarmante, non solo in terra ma anche nell'acqua, nei fiumi, nei mari, nei laghi, e presto anche nelle falde acquifere dove prendiamo l'acqua potabile. Ci sarebbe una soluzione da applicare subito: servono davvero i guanti monouso? Servono sicuramente nelle corsie d'ospedale, ma per il resto ho molti dubbi. Il più delle volte, per esempio entrando in un negozio o in farmacia, basterebbe una goccia di gel disinfettante.
AGGIORNAMENTO al 18 aprile 2020: entro in un negozio e trovo un cartello, "lavarsi le mani se non si indossano i guanti". Come se indossando i guanti non ci si potesse mettere le dita nel naso, o chissà in quale altro posto. I guanti, nuovi, andrebbero indossati quando si entra nel negozio, o in farmacia (eccetera), altrimenti che senso ha? Eseguo, prendo la bottiglietta dell'igienizzante (quanti l'avranno toccata prima di me?) e non faccio polemiche, ma almeno qui posso scriverlo: hanno creato un mondo di alienati, ci sarà un gran lavoro per gli psichiatri negli anni a venire.
AGGIORNAMENTO al 29 aprile 2020: finalmente, in tv, qualcuno comincia a far presente che anche i guanti si sporcano, esattamente come le mani. Faccio appena in tempo ad esserne contento, quando ecco (ore 17 circa, su Raitre) che un ineffabile dimostratore spiega come bisogna fare: se entrate al supermercato dovete mettere i guanti (e fin qui, ci può stare) ma poi se volete prendere frutta e verdura oppure il pane dovete indossare degli altri guanti sopra i guanti che avete appena indossato. Non è finita: i guanti vanno smaltiti dentro un sacchetto di plastica, che a sua volta va messo in un altro sacchetto di plastica. Mi immagino che poi si aggiunga di mettere il tutto dentro una serie di sarcofagi di piombo e di seppellire il tutto in un apposito sito di stoccaggio situato sul pianeta numero otto della costellazione di Alfa Centauri. Battute a parte, si potrebbe far notare che fino a pochi anni fa nei supermercati c'era del personale che ci serviva come in salumeria, si indicava cosa si voleva e la persona addetta riempiva sacchetti e contenitori, idem per il pane: queste persone sono state licenziate, sarebbe bello se il lavoro lo facessero loro, in questa emergenza, e non il cliente. Una volta detto che il mondo non è così sporco, e che con le mascherine addosso non si sporca, e che basterebbe disinfettare le mani evitando così di riempire il mondo di plastica su plastica e di lattice su lattice, mi è bastata un'occhiata in giro per vedere, in strada, i guanti monouso buttati dove capita, accanto alle cacche di cane. Prima c'erano per strada cicche di sigaretta e cacche di cani, oggi abbiamo cicche di sigaretta, cacche di cane, e guanti monouso. Così va.
AGGIORNAMENTO al 15 maggio 2020: cominciano a vedersi, sempre più frequenti, articoli e interviste che parlano in toni allarmati dello smaltimento di guanti monouso e mascherine. E' quasi tutta plastica (i guanti dei supermercati, per esempio), lattice, fibre sintetiche (quindi ancora plastica). La situazione rischia di divenire allarmante, non solo in terra ma anche nell'acqua, nei fiumi, nei mari, nei laghi, e presto anche nelle falde acquifere dove prendiamo l'acqua potabile. Ci sarebbe una soluzione da applicare subito: servono davvero i guanti monouso? Servono sicuramente nelle corsie d'ospedale, ma per il resto ho molti dubbi. Il più delle volte, per esempio entrando in un negozio o in farmacia, basterebbe una goccia di gel disinfettante.
lunedì 6 aprile 2020
L'obbligo della mascherina (che non c'è)
L'ordinanza della Regione Lombardia
sull'obbligo della mascherina anche all'aperto ha qualcosa di
surreale: le mascherine non ci sono. Non ci sono da sempre, da
subito, fanno fatica ad averle anche i medici e gli infermieri. In
farmacia non si trovano, e se si trovano sono del tipo molto simile a
quelle che si fabbricano in casa. Nel frattempo, sono morti ottanta
medici e molti infermieri. A me è parsa surreale anche l'intervista
tv alla dottoressa di Parma, sicuramente molto competente, che ha
difeso l'ordinanza del govermatore Fontana: la dottoressa ha detto
che il fatto che le mascherine non si trovano non è un'osservazione
scientifica, ed è ovviamente vero - ma se le mascherine non ci sono,
che si fa? Sui giornali on line trovo anche il video - curioso anche
questo, date le circostanze - del chirurgo che spiega come sono le
mascherine e le definisce altruiste, egoiste, perfette. Altri servizi
giornalistici spiegano la differenza fra i vari tipi di mascherina,
con dettagli tecnici come se fosse una gara di Formula Uno. Ma le
mascherine non si trovano, cosa sto a perdere tempo con questi video
e con questi servizi. Piuttosto, dato che di mascherine da chirurgo,
con i filtri, ne vedo parecchie in giro, mi piacerebbe sapere come
mai queste persone le hanno, dove le hanno ordinate, quanto le hanno
pagate, come mai loro le hanno e i chirurghi e gli infermieri fanno
fatica a trovarle. Più interessante la lezione di un'altra
dottoressa sull'uso dei guanti: dato che ci sono passato anch'io sul
mio posto di lavoro, mi permetto di mettere un link a me stesso - non
da esperto, ma come esempio vita vissuta. I guanti si sporcano,
proprio come le mani nude, e andrebbero cambiati o lavati ogni volta.
E' una deriva che è iniziata un quarto
di secolo fa, o anche prima, con Margaret Thatcher, con Ronald
Reagan: i tagli alla Sanità pubblica, a favore dei privati (che
vogliono farci soldi, come se fosse una fabbrica) purtroppo poi
seguiti anche da persone non dello stesso schieramento (Tony Blair,
per esempio, o Ignazio Marino). Gli ospedali nuovi messi in piedi a
tempo di record, quello degli alpini a Bergamo e quello alla Fiera di
Milano, non sarebbero stati necessari se non fossero stati chiusi
decine e decine di "piccoli ospedali" negli ultimi quindici
o vent'anni.
Intanto, penso a me stesso in giro per
le strade del mio paese alle sette e trentacinque del mattino,
nessuna persona in giro nel raggio di trecento metri. Mi metto la
mascherina, quella che ho recuperato, quando entro nel negozio o
nella farmacia: in un ambiente chiuso, davanti a persone che stanno
lavorando. Capisco che a Milano sui navigli o in corso Buenos Aires o
a via Padova sia diverso, ma che senso ha mettersi la mascherina
quando non c'è nessuno in giro?
Concludo dicendo che non ho mai votato
per Formigoni (governatore della Lombardia per 15 anni di fila, oggi
in galera), non ho mai votato per Maroni (governatore per 5 anni),
non ho mai votato per Attilio Fontana (governatore oggi, e autore di
questa ordinanza). Non ho mai votato per loro e ne sono orgoglioso,
ma purtroppo non è servito a niente.
PS: chiudo con una notizia che riprendo
al volo dalla radio: le mascherine che verranno distribuite nelle farmacie sono sei
milioni, gli abitanti della Lombardia sono dieci milioni, le
mascherine sono monouso.
AGGIORNAMENTO al 20 maggio 2020: la nuova ordinanza di Fontana è l'obbligo dei guanti sui mezzi pubblici e in altri posti. Ovviamente, sono spariti i guanti monouso dai negozi: che sia una specie di bacchetta magica? Suggerisco a Fontana di rendere obbligatorie le zanzare con un'ordinanza, magari funziona per davvero...
AGGIORNAMENTO al 20 maggio 2020: la nuova ordinanza di Fontana è l'obbligo dei guanti sui mezzi pubblici e in altri posti. Ovviamente, sono spariti i guanti monouso dai negozi: che sia una specie di bacchetta magica? Suggerisco a Fontana di rendere obbligatorie le zanzare con un'ordinanza, magari funziona per davvero...
sabato 4 aprile 2020
Smart working
La notizia è questa, ai primi di
marzo: diversi governi hanno chiesto a Netflix di abbassare la
qualità dell'alta definizione con cui trasmette i suoi film, perché
con la situazione successiva al Covid-19 la rete è stata intasata da
un'enorme quantità di chiamate e c'è il rischio di una saturazione.
Nelle settimane successive, è il governo francese a chiedere alla
Disney di fare altrettanto; e la Disney rimanda il lancio del suo
nuovo canale on line.
Sono due notizie che sono subito
scomparse dalle prime pagine, nascoste non solo dal Covid-19 ma anche
dall'entusiasmo per lo smart working e per le lezioni on line degli
scolari e degli studenti obbligati a rimanere in casa. E' un
entusiasmo che ritrovo anche in molti articoli e commenti sugli
acquisti on line invece che in negozio, con commenti del tipo "siamo
in un momento difficile ma abbiamo finalmente sbloccato il progresso
che prima era bloccato da troppe remore". Mi permetto di dire
che sono commenti molto superficiali, e anche pericolosi. Pericolosi
innanzitutto perché si dà per scontato che potremo contare in ogni
momento sull'energia elettrica, quando invece ci sono già stati
importanti e paurosi blackout in città e luoghi importanti (New
York, il Canada, l'Australia, l'Italia stessa); perché in molte zone
la rete è ancora irraggiungibile, perché la "fibra" da
noi è appena agli inizi, perché c'è chi non può permettersi di spendere soldi per uno smartphone o per un tablet, per tanti motivi - non ultimo dei quali la
posizione dei lavoratori in questo contesto. Per esempio, la consegna
di merci on line è legata ai "corrieri", quasi sempre
malpagati e spesso pericolosi nelle loro corse in strada (fare in
fretta è la loro consegna, "a qualsiasi costo"), e il
lavoro di chi è a casa e fa smart working rischia di non avere orari
e di protrarsi sulle intere ventiquattro ore (provate a chiedere agli
insegnanti). Ma, soprattutto, chi parla così dimostra di ignorare
completamente cos'è una merce: dietro la pizza che avete ordinato ci
sono campi coltivati, stagioni, grandinate, sfruttamento dei lavoratori,
pesticidi, sementi modificate, e lo stesso discorso vale per
qualsiasi cosa si comperi (la guerra per il coltan che ha causato
milioni di morti, lo sfruttamento schiavistico nelle miniere) sulle
quali non si può sorvolare con tanta facilità. Sono ormai parecchi
mesi che non piove, in che condizioni è il Po? Ho provato a fare una
ricerca on line: le ultime notizie sulla siccità e sul livello
dell'acqua nel Po risalgono a febbraio, poi nessuno se ne è più
occupato. Riusciranno a fare il raccolto, gli agricoltori padani? Se
non ci riusciranno, continueranno i canadesi e gli ucraini a venderci
il frumento? E se ricomincia a piovere, ci saranno ancora disastri ed
alluvioni come negli ultimi anni? In che condizioni è il nostro
territorio?
Sono tutte domande che fanno paura, lo
so e vorrei evitare di parlarne ma l'atteggiamento di chi mi sta intorno è tutt'altro che rassicurante e mi spaventa osservare che nessuno si pone questi problemi. Della diffusione dei virus, rapida a causa della
globalizzazione, si parlava già trent'anni fa, al tempo dell'Aids.
Il sistema che stiamo preparando per il dopovirus è molto fragile,
senza contare che ci rende tutti soggetti ad essere spiati e
controllati; ma questo è un altro discorso importante e che
richiederebbe molto spazio, perciò mi fermo qui e aggiungo solo una
cosa: preparatevi al ritorno delle vecchie tipografie degli anni '50,
torneranno utili. Spero che chi ne possiede ancora una la tenga in
ordine, funzionante, con buona provvista di inchiostro e con carta
abbondante: è probabile che il futuro passi ancora da lì, più che
dallo smart working. (Ovviamente, mi auguro di sbagliare)
PS: ci siamo già dentro: due governi europei stanno prendendo pieghe autoritarie, in Slovenia e in Ungheria, e le "app" sullo smartphone sono uno dei punti di forza di questa svolta. Spionaggio, così potente da far impallidire il ricordo di cosa succedeva in Germania Est. Il virus passerà, ma queste cose rimarranno ed è anzi probabile che vengano potenziate.
PS: ci siamo già dentro: due governi europei stanno prendendo pieghe autoritarie, in Slovenia e in Ungheria, e le "app" sullo smartphone sono uno dei punti di forza di questa svolta. Spionaggio, così potente da far impallidire il ricordo di cosa succedeva in Germania Est. Il virus passerà, ma queste cose rimarranno ed è anzi probabile che vengano potenziate.
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