venerdì 19 novembre 2010

Il caso Tremonti, e dintorni

“Non leggo un libro da vent’anni” e “Con la cultura non si mangia” sono due frasi recenti del ministro per l’Economia, Giulio Tremonti. Sono concetti spesso ripetuti, da lui e un po’ da tutte le persone che compongono il governo Bossi-Berlusconi. Vediamo un po’ se è vero.
1) Angelo Rizzoli aveva una Rolls Royce in garage, tenuta sempre in perfette condizioni. Non la usava mai: il nipote, Angelo come lui, raccontava in un’intervista televisiva (riproposta di recente su Raistoria) che per uno che era cresciuto tra i Martinitt, gli orfani di Milano, non era bello farsi vedere in giro con il simbolo evidente della ricchezza. Rizzoli aveva fatto i soldi, e tanti, con i libri: non aveva una gran cultura, ma sapeva che i libri erano importanti. Un dettaglio importante: Rizzoli non ha fatto i soldi con le edizioni rilegate e lussuose, ma con i piccoli libri tascabili della BUR, Biblioteca Universale Rizzoli, che ancora si trovano in tante case. Libri accuratissimi, traduzioni perfette, collaboratori scelti con estrema cura.
2) Arnoldo Mondadori, un altro martinitt come Rizzoli, prese a modello l’idea della BUR: la BUR è del primissimo dopoguerra, gli Oscar Mondadori nascono all’inizio degli anni ’60. Anche gli Oscar Mondadori sono edizioni accuratissime, a poco prezzo e tascabili. Vendono subito moltissimo, anche nelle edicole e non solo nelle librerie.
3) Dino de Laurentiis, scomparso di recente a 93 anni, è diventato miliardario con il cinema: non con i cinepanettoni ma con Vittorio De Sica, con Rossellini, con il cinema d’autore. La stessa cosa è capitata ai grandi produttori di quel periodo, Carlo Ponti, Amato, Rizzoli stesso, Cristaldi... I grandi produttori del cinema italiano facevano i soldi con Fellini e Antonioni, con Pasolini e Bertolucci: se vi sembra strano è solo perché siete cresciuti con Silvio Berlusconi, ma così era.
4) Federico Fellini ha vinto cinque Oscar: e gli Oscar sono premi commerciali, non è un premio per raccomandati o per appassionati pensosi, lo si dà a chi porta soldi, a chi fa un profitto. Agli Oscar dati a Fellini vanno aggiunti quelli dati ai suoi collaboratori: Danilo Donati, Dante Ferretti, Nino Rota (scene e costumi, musica). Un collaboratore di Bertolucci, Vittorio Storaro, lasciò a bocca aperta tutta Hollywood con le immagini di “Novecento” (metà anni ’70); in seguito, Storaro vinse l’Oscar per “Apocalypse now”.
C’è bisogno di altri esempi? C’è bisogno di continuare? Se c’è bisogno, continuo. Magari con Pompei, che attira visitatori da tutto il mondo e che è l’immagine stessa del nostro Paese: un crollo a Pompei è come se venisse giù il Colosseo o l’Arena di Verona (che hanno la stessa età), cioè (chiedo scusa per il termine) una colossale figura di merda su scala mondiale, per tutti. C’è invece chi ci ride sopra, al crollo di Pompei: per esempio il governatore leghista del Veneto, che si chiama Zaia.
Provate a chiedere alla Mondadori attuale (gestita dalla figlia di Berlusconi) di rinunciare al catalogo degli Oscar, e vedete cosa vi rispondono. Provate a chiedere alla Einaudi di rinunciare ai libri di Calvino e di Pavese, e vedete cosa vi rispondono: sono ancora oggi la struttura portante, in termini economici. Non solo i vecchi Rizzoli e Mondadori sono diventati miliardari con i libri e con il cinema, ma il loro lavoro dà ancora prestigio all’Italia.
Di recente, l’attuale responsabile dell’Einaudi (finita sempre nelle mani di Berlusconi) ha avuto il coraggio di dire che il fondatore dell’azienda era un incapace, o giù di lì. Einaudi fece un unico errore, la pubblicazione di un’Enciclopedia molto prestigiosa ma molto costosa: ma erano gli anni ’80, l’era berlusconiana stava per iniziare e un’enciclopedia non era più una cosa da farsi. Si avvicinava l’epoca in cui, al governo, sarebbero arrivati ministri che inneggiano all’ignoranza e all’evasione fiscale.
PS: su http://www.repubblica.it/ di oggi c’è un video “autocelebrativo” di un gruppo di consiglieri comunali leghisti e berlusconiani in visita alla Cattedrale di Monaco di Baviera. E’ pieno di rutti e di bestemmie, e non è la prima volta che capita; quantomeno, nessuno di loro ha fatto il gesto dell’ombrello o ha alzato il dito medio: come fa da sempre il loro capo Umberto Bossi, ministro per le riforme.

2 commenti:

franz ha detto...

ma quanto ci vorrà a ricostruire un po' di civiltà collettiva e condivisa?
accadrà?

Giuliano ha detto...

La mancanza di idee è tipica di chi non legge, non si informa, non è curioso del mondo. Temo che sia tardi per rimediare, ormai sono trent'anni che questo modello è dominante.
Hai visto la lista dei canali della tv digitale? su duecento canali, qui in Lombardia, centocinquanta sono da buttare: telemarket, premium, mediashopping, significa la mancanza totale di idee e programmazione.
Quasi quasi viene da salvare i canali sul calcio e quelli porno, almeno lì un progetto chiaro c'è - magari fa schifo, ma c'è e di questi tempi è già qualcosa...