- Bra! – dice la mamma.
- Bra! – risponde l’uccellino.
- Bra bra! – dice la mamma.
- Bra bra! – risponde l’uccellino.
Ma evidentemente risponde in maniera non perfetta, la mamma scuote la testa e ripete con pazienza: «Bra bra!». Stavolta la risposta è giusta e si può passare alla modulazione successiva: «braa-bra!»
Il piccolino si applica, la lezione prosegue e va a finire che se sto attento imparo qualcosa anch’io. Una lingua nuova fa sempre comodo, mica c’è solo l’inglese o il tedesco o il cinese mandarino, da imparare.
Prima di capire cosa succede, ci metto un po’: poi guardo in alto, sul tetto del palazzo vicino, e vedo che proprio sui rami dell’antenna tv ci sono due cornacchie, una più grande e una più piccola: madre e figlio, quasi sicuramente. Due cornacchie di quelle nere e grigie, comunissime, di quelle che a tanti non piacciono: ma è solo questione di farci l’abitudine, dopo un po’ il “cra” e il “bra” diventano simili al “qua” e al “qua qua” delle oche e delle anitre, e non ci si fa più caso.
Un’altra cornacchia l’ho vista l’altro giorno parcheggiando la macchina: era intenta a raccogliere da terra qualcosa di prezioso, e mi sembrava un pesce. Un pesce, qui? Ma la spiegazione era semplice: in questo parcheggio, oggi, la mattina c’è stato il mercato; evidentemente tre o quattro pesciolini (poi ho controllato, erano quattro) sono caduti per terra e sono sfuggiti anche alle ramazze delle pulizie (il parcheggio è in perfetto ordine). Quando sono tornato, di pesciolini non c’era più neanche l’ombra; però la cornacchia era ancora lì a cercare in giro, hai visto mai che ce ne siano ancora?
Le cornacchie, le gazze, i corvi, perfino i merli, sono tra quelli che tengono in ordine il nostro mondo: uccelli utili, alla fine dei conti. Basterebbe imparare a conoscerli, non fermarsi al “mi piace / non mi piace”: faranno magari un brutto verso (non sono mica usignoli, questo è chiaro), ma non è gente brutta, e quella mamma sul tetto col piccolino era davvero commovente. Chissà quante volte l’hanno fatta, questa scuola all’aperto, e io non me ne ero mai accorto.
La cornacchia grigia si chiama “Corvus corone cornix”, quella nera “Corvus corone corone”: nomi rivelatori, io ho sempre fatto una gran confusione ma era dunque una confusione giustificata. Il corvo si chiama “Corvus fragilegus”, il corvo imperiale è “Corvus corax”, la taccola sua parente “Corvus monedula”; invece il gracchio è “Pyrrhocorax graculus”, mentre il gracchio corallino è “Pyrrhocorax pyrrochorax”. La gazza è “Pica pica”, la gazza azzurra “Cyanopica cyana”, a rimarcare che qui un po’ di differenza c’è. Poi ci sarebbe la ghiandaia “Garrulus glandarius”, e anche la nocciolaia, “Nucifraga caryocatactes”.
Volendo, tra gli uccelli neri o grigi, ci sarebbero anche il merlo, “turdus merula”, che non è un curbàtt ma è un turdide, e lo storno, “Sturnus vulgaris”, “Sturnus unicolor”, “Sturnus roseus”, (che appartengono agli sturnidi) che un po’ si somigliano ma sono tutt’altra cosa.
Io comunque ho sempre fatto una gran confusione, per capirci qualcosa almeno oggi metto qui due tavole da un gran bel libro che consulto spesso, “Guida agli uccelli d’Europa”, editore Muzzio. La foto della cornacchia invece l’ho trovata in rete qualche mese fa, e come mi capita spesso ho perso il link col nome dell’autore – peccato, perché è davvero una bella foto.
(e per chi volesse approfondire l’argomento, il libro d’obbligo è “L’anello di Re Salomone” di Konrad Lorenz: il capitolo “Le mie perenni compagne”, pag.40 nella mia vecchia edizione Oscar Mondadori del 1977 – ma oggi c’è anche l’edizione Adelphi)
Longlegs – Oz Perkins
8 ore fa
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