Ci tengo a dirlo subito: non sto parlando di calcio. Però l’essere appassionato di calcio mi ha permesso di notare una cosa che rischia di passare inosservata, perché la notizia è stata data male e troppo di fretta. Se fosse confermata, però, sarebbe qualcosa di clamoroso.
La notizia è questa: nel 2006 il dirigente calcistico Luciano Moggi, uno dei più famosi, con una carriera quarantennale nel calcio e sempre ad alti livelli (Roma, Napoli con Maradona, Torino, Juventus) viene portato in tribunale con l’accusa di truccare le partite. Viene però assolto dall’accusa di associazione a delinquere, assolto due volte in due diversi gradi di giudizio: dunque non truccava le partite, almeno stando a questa sentenza (un altro processo è in corso a Napoli in questi giorni). Il tribunale ha però condannato Moggi a un anno di galera (mese più o mese meno, pena sospesa), per aver esercitato pressioni ritenute illecite su due calciatori della Juventus. Un mobbing, insomma, con minacce del tipo: “devi accettare di cambiare squadra, perché se rimani qui non giochi”.
Non credevo ai miei occhi, e ancora adesso non riesco a crederci, perché ogni giorno migliaia di lavoratori dipendenti subiscono dai loro capi minacce (più o meno velate) molto più gravi di questa.
Tra l’altro, Moggi ha subito spiegato che quei due giocatori guadagnavano più o meno un milione di euro all’anno, e che il contratto gliel’aveva firmato lui. La decisione di non far giocare quei calciatori, oltretutto, era dell’allenatore e non sua; Moggi si era limitato a comunicare quella decisione, forse con mezzi non delicatissimi viste le due sentenze.
Resta il fatto che, forse per la prima volta, il “se ti va bene è così altrimenti lì c’è la porta” è stato ritenuto punibile: e con un anno di galera, oltretutto, mica poco. Se la sentenza verrà confermata in Cassazione, tutti i capi del personale e i capi in generale, e anche tutti gli imprenditori, dovranno stare ben attenti a come si comportano e a quello che dicono. In primo luogo, mi è venuto da pensare a tutto quello che è stato detto per la Fiat di Pomigliano e per Mirafiori, e dunque a quanti anni di carcere spetterebbero a Sergio Marchionne; ma poi Marchionne non è certo l’unico ad aver “minacciato” i suoi dipendenti dicendogli “devi accettare di cambiare squadra (cioè: devi fare come dico io), perché se rimani qui non giochi”.
E’ anche divertente (si fa per dire) notare che i calciatori hanno guadagni nemmeno lontanamente paragonabili a quelli degli operai di Pomigliano e Mirafiori: si passa da un milione o 800mila euro l’anno ad ottocento euro al mese...
Probabilmente andrà a finire così: che Luciano Moggi verrà assolto in Cassazione anche dall’accusa di “supermobbing” (a meno che non abbia puntato la pistola alla tempia dei calciatori, cosa della quale mi permetto di dubitare), e dunque svanirà nel nulla il mio sogno di vedere in carcere certi bei tipi di Capi del Personale che mi è capitato purtroppo di conoscere e di frequentare.
So già che arriverà qualcuno a spiegarmi che non è così, che ci sono delle differenze; e le differenze le vedo anch’io, ma non è che siano differenze così grandi, e soprattutto l’idea di farsi mobbizzare prendendo un milione di euro all’anno per cinque anni un pochino mi stuzzica: chiederò a Moggi dov’è che si fa domanda, che mi iscrivo subito.
Antonio MONTICO
9 ore fa
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