Mi ha un po’ colpito vedere la gran quantità di reazioni dopo la trasmissione di “Report” di domenica sera. Sono rimasto colpito perché, di solito, le inchieste di Milena Gabanelli e dei suoi collaboratori non vengono mai commentate né riprese da nessuno il giorno dopo. Eppure, a “Report” si vanno a toccare temi delicatissimi e molto importanti, temi che purtroppo passano spesso sotto silenzio: ricordo ancora come un incubo la descrizione di quello che accade ogni giorno sui nostri treni, qualche anno fa. Ricordo che i ferrovieri che si prestarono per l’inchiesta furono licenziati, che dovettero subire un lungo percorso in tribunale al termine del quale – se non ricordo male – furono riassunti; ma come stanno oggi le gallerie ferroviarie, quante linee di mezzi pubblici sono state soppresse, e cosa dire degli aumenti dei prezzi dei biglietti? Nessun dibattito, nessuno a riprendere la notizia, silenzio assoluto.
Pochi giorni fa, l’inchiesta di Report sul biogas: ettari ed ettari coltivati a mais (che è roba buona da mangiare) al solo scopo di bruciarle per prendere sovvenzioni; e tutto questo nelle zone di produzione del Grana Padano. Ma a chi vuoi che interessi? Il giorno dopo, silenzio assoluto sia da parte dei social network che di tutti (ma proprio tutti) i quotidiani nazionali. La corruzione e l’evasione fiscale nel Veneto leghista? Silenzio. La speculazione e la devastazione ambientale sulle cave di ghiaia e di cemento e altri materiali? Silenzio. Pare proprio che di questi temi non si interessi nessuno.
Invece, se si parla di Facebook, allegria: grandi dibattiti, discussioni infervorate, adesso sì che si è toccato un tema che davvero sta a cuore. Ricordo un dibattito simile, parlando di Report, solo per la villa ad Antigua di Berlusconi, sei chilometri di colate di cemento in un paradiso (fiscale e naturale) che non doveva essere toccato. Ma, anche qui, è durata poco.
Questa storia di Facebook e di Milena Gabanelli durerà a lungo, me lo sento. Eppure, era un’inchiesta doverosa: il tema delle intercettazioni di ciò che scriviamo a me sembra importante, ricordo che già una decina d’anni fa, subito dopo l’attentato alle Torri Gemelle, alcuni ragazzi americani si videro piombare in casa l’antiterrorismo: avevano citato in un sms (o in una mail) un verso di una canzone di non so più quale rapper o gruppo heavy metal che a loro piaceva molto, che però conteneva parole “pericolose”. Lo stesso esempio che è stato fatto domenica sera a Report: attenti a quello che scrivete, ogni parola viene pesata.
L’inchiesta poi era ben bilanciata: ad ogni accusa rispondeva con precisione un addetto di Facebook, ognuno era libero di farsi la sua opinione. Se qualcuno ha avuto un’impressione contraria, è probabilmente perché il volto rassicurante e i toni pacati dell’addetto di Facebook (un signore sui quarant’anni di cui non ricordo il nome, con una bella barba appena brizzolata) fanno meno rumore rispetto a un’altra persona che denuncia un torto. Ma anche questo, si suppone, dovrebbe essere un fenomeno ben noto; siccome stiamo parlando del pubblico di Facebook si suppone di essere davanti a persone istruite: a me li avevano spiegati, i meccanismi della percezione di ciò che ci viene detto (fin dagli anni ’60, quando ne parlavano alla tv dei ragazzi); e non è che sia necessario essere iscritti a psicologia o a sociologia per sapere che se uno grida ha più possibilità di essere sentito rispetto a uno che parla con un tono normale – però a questo punto bisognerebbe saper ascoltare...Che sia questa la facoltà che si è persa?
Infine, e qui chiudo perché con questo argomento mi sto già annoiando anch’io, due mie personalissime riflessioni: 1) la reazione degli appassionati di Facebook è quella tipica dei bambini a cui si è appena toccato un giocattolo. Che so, l’orsetto di peluche, la bambolina, il telefonino...2) le dichiarazioni di Mark Zuckerberg, quelle del tipo che non esiste più la privacy ma che non bisogna allarmarsi e che al contrario c’è da esserne contenti, mi hanno spaventato e non poco. Se andate su internet, che sia Google o Facebook o qualcos’altro ancora, state ben attenti a quello che scrivete: anche le preferenze sulle squadre di calcio andrebbero evitate, ogni cosa che scrivete on line ed ogni vostro sms può essere letto e intercettato. Se io mi prendo qualche libertà, è perché alla mia età nel mondo del lavoro non ci rientro più: ma se avete diciotto o vent’anni, state ben attenti a tutto quello che dite, che filmate, che scrivete.
Life History of the Forget-me-not
10 ore fa
2 commenti:
E' qualcosa su cui mi interrogo anch'io. Ho un'etichetta del mio blog destinata alle distopie eppure continuo a pubblicare ed a rendere noto, indirettamente attraverso i miei post, e direttamente attraverso i commenti, ciò che penso, i miei gusti ecc. , ben consapevole che di ciò che scrivo e che sto scrivendo può far uso chicchessia. Mah!
Relativamente alla questione sollevata da te inizialmente, devo dire che evito di commentare fatti che gridano vendetta perchè mi sembra che lo sfogo sia inutile. Certo, far da "cassa di risonanza" è ben diverso così come, nel proprio privato e nelle occasioni che si presentano, "fare" il possibile per prendere concretamente posizione.
Premesso che un blog personale non può certo essere paragonato a Report o al Corriere, i post meno letti su questo blog sono quelli che ho dedicato alle ferrovie e ai mezzi pubblici; ed è solo un piccolo esempio.
Io non ho niente da nascondere, sono arrivato a un blog che avevo già 45 anni, sulla mia vita e sul mio curriculum quello che scrivo qui è ininfluente; ma non è la stessa cosa per un ragazzo di vent'anni, ed è questo il motivo per cui Milena Gabanelli e Stefania Rimini hanno fatto benissimo a mettere in guardia gli utenti di Facebook, di Google, di tutto quanto passa in rete.
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