domenica 7 giugno 2020

Nicola


Sono le due di notte, e in laboratorio arriva Nicola, con due vasetti in mano.
- Devi farmi subito la prova su questo Forlanit P.
- Nicola, sono le due di notte… Ho qui da fare l'impianto, i finitori da sistemare…
-  No, no, ma questo qui è urgente. Lo devi fare subito, lo ha detto il dottor Biribò.
- Ma se è in lavorazione da tre giorni!
- Appunto. E' urgente, deve andare in consegna domani.
- Ma non è un lavoro che spetta a me. E' una cosa complicata, ci vorrà almeno un'ora.
- Eh, ma cosa ci vuole. Questi sono i due intermedi, li devi mescolare secondo le proporzioni, fare la viscosità e il pH, vedere se va corretto e con che cosa, fare le prove con il TPF oppure se si deve usare qualche altra cosa, fai tutte le prove e poi…
- Nicola, ma è proprio necessario? Non potevano farle di giorno, queste prove, quando sono qui tutti? E tutto il lavoro che ho qui? E gli impianti che vanno?
- No, no, lascia lì tutto e fai questo.
Tiro un sospiro, che fare. Contro Nicola non si può combattere, ma non posso nemmeno lasciar lì il resto del lavoro: non è vero che gli impianti li posso lasciare lì senza controllarli, anzi è vero il contrario, cioè che questo benedetto fosfonato, comunque vadano le cose, è fermo in una macchina, dentro un pentolone da 5000 Kg, e invece l'impianto va, va, va sempre e bisogna tenerlo controllato, e se si ferma sono dolori.
Comunque faccio meglio che posso, mi sbrigo velocemente (conosco il mestiere), prendo i due intermedi e li mescolo nelle debite proporzioni: ma subito diventa tutto duro, quasi di perla, e devo ricominciare. Eh sì, dovevo aspettarmelo: ma, non avendolo mai fatto prima… Per fortuna, tempo ce n'è, almeno stanotte: gli impianti vanno tranquilli, è una notte quieta. E' sempre duro fare il turno di notte, ma almeno qui in laboratorio, ogni tanto, arriva la notte serena.
E dunque finisco la mia prova, e ci metto, per l'appunto, un'oretta; comunico i dati a Nicola, per telefono, e mi metto subito al lavoro perché è arrivato un nuovo campione d'impianto, e altre due o tre cosette da sistemare.

Ma ecco Nicola di ritorno: ha preso il messaggio col telefonino, ed è arrivato subito.
- E' alto di viscosità, mi hai detto?
- Sì, Nicola, è molto alto.
- Hai fatto la prova col TPF?
- No, Nicola, non l'ho fatta: mi è arrivato il campione d'impianto e lo sto analizzando.
- Lascia perdere l'impianto, e fai la prova sul fosfonato.
- Ma come faccio a lasciar perdere l'impianto? Stai scherzando, Nicola?
- No, no, dico davvero.
- Ma se Mario mi ha detto che ha dei problemi con le portate, e di farlo subito…
- No, no: lascia stare l'impianto, così ha detto il dottore. Dai la precedenza al fosfonato.
- Senti, per fare quella prova lì dovrei andare nell'altro laboratorio, qui non abbiamo il miscelatore adatto, dovrei proprio andar via e stare di là ancora per almeno mezzora.
- E tu vacci.
- Sì, ma non è il mio laboratorio, capisci? Dovrei chiedere il permesso, eccetera.
- Te lo do io il permesso.
Ma proprio in quel momento (nel frattempo ho finito l'impianto, e ho telefonato i dati a Mario) ecco che arriva una piccola valanga di campioni dall'altro reparto. Guardo Nicola, che allarga le braccia.
- E va bene, allora la prova col TPF la faccio io, - dice Nicola, e mi lascia da solo alle prese con gli altri campioni.

Nicola è un bravo ragazzo, del tipo che tutti vorrebbero come vicino di casa: silenzioso, tranquillo, piacevole nell'aspetto e di compagnia. Ma sul lavoro diventa così, soprattutto da quando lo hanno fatto capo: non cattivo, non aggressivo come tanti altri capi, ma tignoso, noioso, insistente. Leggermente ma continuamente insistente, che è forse la cosa peggiore, quella alla quale non puoi resistere: non si può litigare con Nicola, come si farebbe con altri; prima o poi devi cedere e fare quello che vuole lui.
Ed ecco Nicola di ritorno, trionfante, col bicchiere da 300 cc in mano:
- Ecco. Fammi la viscosità.
Che dire, che fare? Mollo tutto, e faccio la viscosità del fosfonato, che però è prima da centrifugare e da raffreddare. Intanto ripenso a questo benedetto prodotto, il fosfonato per l'industria tessile: lo si fa da una vita, forse da più di 40 anni. E' stato uno dei cavalli di battaglia della Ditta, oggi è un po' in declino ma lo si continua a produrre con buon successo. Insomma, lo si è sempre fatto: non è un prodotto facile, da cuocere: ma lo si è sempre fatto senza troppi problemi. Cos'è successo, oggi, che non ci riusciamo più? Si è forse perso il segreto, come diceva per scherzo uno dei vecchi, uno di quelli che oggi sono andati in pensione? C'è forse davvero un segreto dietro al vecchio fosfonato, un segreto alchemico o mistico, del tipo di quelli dei fonditori di campane o dei fabbricatori del vetro blu e dei cristalli?

Ma intanto verso il prodotto nelle provette della centrifuga, e nel versarlo mi accorgo che c'è un curioso paesaggio sul fondo del becker. Ci sono in Turchia, mi pare, dei paesaggi così: in Cappadocia, credo. Si tratta di montagnette bianche, a forma di cono o di sfera, coperte dal fosfonato che – di per sé, e soprattutto a queste viscosità – ha un aspetto e una consistenza vetrosa che rende il fondo del becker simile a un paesaggio misterioso e innevato, quasi dei minuscoli trulli argentati.
- Nicola, ma sei sicuro di aver sciolto bene il tripolifosfato? – chiedo, con una certa cautela.
- Certo! Perché me lo chiedi?
Esibisco sconsolato il mio becker, e c'è poco da eccepire. Il TPF, che è una polvere simile al bicarbonato, non si è sciolto. E' finito tutto sul fondo, e in questi casi neppure il potente miscelatore del laboratorio accanto può farci qualcosa. Bisognerebbe rifare tutto da capo, ma questa volta Nicola cede e si allontana mestamente, un po' preoccupato per la mancata bella figura e per quello che gli dirà il dottor Biribò, che lo aspetterà di sicuro la settimana prossima, quando potrà vederlo, per chiedergli conto del ma perché e del ma come mai, come è sua usanza.

Intanto sono arrivate le cinque del mattino, e il turno di notte (l'ennesimo: sono 15 anni che faccio il turno di notte) sta per finire. Così mi appresto a lavare tutto e a mettere in ordine, provette e centrifuga comprese; ma prima accendo la radio. Anzi, visto che ho portato con me un paio di cassette, metto sul registratore l'opera di Verdi che stavo ascoltando a casa: I Vespri Siciliani.
Ed ecco che inizia l'opera, e Placido Domingo, nelle vesti del tenore, viene sfidato a duello dal baritono Guido di Monforte: in realtà sono padre e figlio, ma a questo punto non lo sanno ancora. E, soprattutto, il tenore non può rispondere alla sfida: il governatore normanno ha proibito ai siciliani di portare armi.
- Ah, non poss'io, - canta sconsolato Domingo – A me fu tolto il Brando!
- Beato te! – non posso non commentare. E mi siedo, finalmente quieto, ad aspettare l'alba.

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