- Dai, fammi un calfisch veloce così
spedisco via subito nel serbatoio - mi dice Tùtolo, insinuandosi tra
i banconi del laboratorio.
- Non posso, sto facendo le analisi
sull'impianto e sono urgenti. Lascia qui il campione che poi ti
telefono.
- E dai, un calfiscerino, che ci
vuole?
Una volta specificato che "calfisch"
e "calfiscerino" sono in realtà delle analisi con il
reattivo di Karl Fischer (una iodometria, che serve a determinare il
contenuto d'acqua in un liquido), capisco le ragioni di Tùtolo ma io
proprio non posso mollare quello che sto facendo per dare retta a
lui.
- Se mi dai dieci minuti di tempo...
Ma lui sbuffa, forse anche impreca, e
si attacca a qualcun altro dei miei colleghi, lamentandosi del mio
comportamento.
Il Karl Fischer è un'analisi che si
può fare anche a mano, ma noi abbiamo (come tutti, ormai) un apparecchietto molto utile
che fa quasi tutto da solo. Quasi tutto, perché la manutenzione
dobbiamo farla noi analisti: tenere pulito, prima di ogni altra cosa. Non solo
c'è un elettrodo che è piuttosto delicato, ma la vaschetta in cui è
immerso ogni tanto si riempie e va vuotata. Andrebbe vuotata ogni
volta, a essere pignoli, ma non siamo in un'industria farmaceutica e
qualche margine d'errore ci può stare. Oltre a curare che la
vaschetta non trabocchi, bisogna anche controllare che le due
bottiglie con i reattivi siano piene: sembrerà banale, ma lasciare
le bottiglie da riempire a quello che viene dopo è una pratica molto
comune e qui con me a lavorare ci sono almeno due specialisti in materia, veri virtuosi dello scaricabarile. Difatti, la mia collega che ha preso in consegna il
"calfiscerino veloce" di Tutolo adesso ne avrà per almeno
un quarto d'ora, perché sono capitate le due cose nello stesso tempo:
le bottiglie dei reattivi vuoti, e la vaschetta strapiena e
strabordante. Una volta riempite le bottiglie ed effettuata la
pulizia dell'elettrodo, bisognerà calcolare il fattore di
correzione; e dopo si potrà fare l'analisi. Dieci minuti è già un
tempo ottimistico.
La scena si ripete diverse volte,
Tùtolo viene da me e io non posso sempre dargli retta, anche perché
lui lavora in un reparto che si chiama "miscele": lì non
ci sono reazioni chimiche in corso, non c'è un impianto di
solfatazione che produce diecimila litri di prodotto in un'ora, da
Tutolo ci sono solo pentoloni dove miscelare due o tre cose e secondo
logica è lui quello che deve aspettare, non gli altri reparti. Far
attendere una resina epossidica in macchina può significare un mezzo
disastro, se la resina si solidifica nella macchina poi servirà il
martello pneumatico per tirarla fuori; se Tutolo arriva e mi chiede
di fargli subito il calfiscerino io lo faccio aspettare, perché
questo è il modo in cui bisogna lavorare. A me sembra ovvio, glielo
spiego, penso che i miei colleghi capiscano, e invece no.
Tutolo va in giro a dire che io non lo
sopporto, che non capisce perché lo mando sempre via (non è vero,
quando ho tempo lo accontento), e i miei colleghi abboccano. A me
sembra semplice: se ti dico che in produzione stanno aspettando
questi dati d'analisi, perchè insisti? Ma i miei colleghi tutti si
convincono, perchè glielo dice lui, dice che mi sta antipatico ed è
per questo che gli dico sempre di mettere lì il campione che poi ti
telefono: invece c'è il dottor Biribò (direttore di produzione) che
aspetta proprio da me questi dati d'analisi che sto facendo, e che è
già un bel po' in ansia. Possibile che sia così difficile da
capire? Possibile che dopo 15 anni passati in questo posto pensino
queste cose di me? In mezzo a che gente sono vissuto?
Ma, eccolo qui di nuovo. Ed ecco
arrivare Christian, che dopo averlo servito mi dà una pacca sulla spalla e mi fa la battuta:
- Ecco, Giuliano, è andato via, il
Tùtolo cattivo.
Queste cose, nel corso del tempo, fanno
del male. Me ne accorgerò a suo tempo, il lavoro di Tùtolo è stato
costante e Tùtolo, anche se è soltanto un operaio di livello medio
basso, è molto ascoltato, anche in direzione. Tutolo è uno di quelli che sanno cercare e trovare appoggi e simpatie, cosa per la quale io sono negato; in ditta fa un po' di tutto, piccoli commerci, sigarette, confidenze, non per nulla prima di venire qui faceva il rappresentante di commercio. Così, dunque, imparo quanto sia sbagliato
ragionare quando lavoro, dare delle precedenze non in base alle
simpatie personali (io non ho niente contro Tùtolo) ma secondo le
istruzioni dei miei capi e l'ormai lunga esperienza. Alle volte, sembrerà strano ma è proprio così, la cosa peggiore da fare sul lavoro è seguire le istruzioni dei superiori. La prossima volta
che rinasco, mi dedicherò di più alle pubbliche relazioni - è così
che si fa carriera.
Da wikipedia: Karl Fischer (Monaco di Baviera, 24
marzo 1901 – 16 aprile 1958) è stato un chimico tedesco, inventore
del metodo omonimo. Karl Albert Otto Franz Fischer studiò dal 1918
al 1924 alla Universität Leipzig di chimica. Nel 1925 con la tesi
"Untersuchungen über den Einfluß verschiedener
Magnesiumoxydpräparate hinsichtlich ihrer Wirkung auf Vulkanisation
und Eigenschaften des Kautschuks" si laureò dottore in chimica.
Rimase fino al 1927 come assistente Hochschulassistent a Lipsia.
Successivamente entrò nell'industria petrolchimica. Noto è lo
sviluppo nel 1935 di un sistema di titolazione per la quantificazione
del contenuto d'acqua in fluidi e materiali solidi
(Karl-Fischer-Verfahren), ancora oggi impiegato nell'analisi chimica
nei laboratori di tutto il mondo e divenuto standard per la
farmacopea. Il suo lascito è presso l'Institut für Geschichte der
Pharmazie der Philipps-Universität Marburg.
2 commenti:
"La prossima volta che rinasco, mi dedicherò di più alle pubbliche relazioni - è così che si fa carriera."
Siamo in molti a dircelo, mi sa :)
non che sia una cattiva persona, s'intende, e ovviamente aveva dei buoni motivi per fare in fretta. Ero rimasto deluso dai miei colleghi, piuttosto, che potevano ben vedere cosa stavo facendo.
Ovviamente, la prossima volta che rinasco rifarò tanti errori, magari proprio gli stessi...
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