Tiro fuori la posta dalla cassetta e faccio la distribuzione: questa è per Aldo, questa è per Gino, questa è per la signora del terzo piano...E per me, niente? Eppure la cassetta della posta è la mia, almeno una busta me la sarei meritata.
La settimana scorsa è successo il contrario, cioè che Aldo è venuto giù da me con una busta che era mia: quando passa il postino della XXX (cioè la concorrenza di Poste Italiane) fa sempre così, prende le buste e le infila tutte nella prima cassetta che trova, così si fa prima. Ieri ho trovato una busta infilata nel citofono: non so come ha fatto, ha trovato chiuso e doveva consegnare la busta, nel citofono c’era una fessurina e ce l’ha infilata dentro. Era lì che svolazzava, ma che fare? Non era mia, magari la mia era già volata via lontano, ma che fare? Intanto io (e non è la prima volta, né sarà l’ultima) sono qui che ho in mano la corrispondenza di altre persone, sono cose della Banca, potrei aprire e curiosare e poi buttar via tutto, tanto chi se ne accorge; e la stessa cosa potrebbe capitare con la mia, di corrispondenza. La cosa divertente (si fa per dire: dipende dall’umore della giornata) è quando ti cade l’occhio sul posto dove una volta c’era il francobollo: c’è un’elegante miniatura in colore lieve e la dicitura “posta certa”. Ah, questa dunque sarebbe la famosa posta certa. Con i privati, si sa, le cose funzionano meglio: vuoi mettere rispetto alla sonnolenta burocratica statalizzazione di una volta? Adesso invece sì che si va benone, lo ripetono tutti i giorni in tv e dai giornali, e questo ne è un magnifico esempio – tenuto conto che si tratta quasi soltanto della corrispondenza con la Banca e l’Assicurazione, tocco ferro e faccio gli scongiuri: speriamo che non succeda niente...(e se invece tornassimo al corriere a cavallo?)
L'ultima novità a cui ho assistito è questa: prima di buttare le lettere a casaccio sulle scale, o di infilarle nel battente del portone d'ingresso, l'incaricato della Posta Certa tira fuori un lettore di codici a barre e fa "plip!" su ogni busta. Penso che voglia dire che la busta è stata consegnata, ma magari si potrebbe risparmiare ulteriormente, fare "plip!" in ufficio e buttare via direttamente le buste - lo dico perché ne ho già raccolte due o tre, di queste buste "Posta Certa", e poi il postino l'ho fatto io, ma i "plip!", ve l'assicuro, li ho visti e ascoltati.
Non che le cose vadano meglio con Poste Italiane: che ormai fanno passare il postino due volte alla settimana, o magari anche meno. Ero abbonato a diverse riviste da quand’ero bambino, ma da un paio d’anni, ormai, ho dismesso tutti gli abbonamenti: una settimana la rivista arriva, l’altra no, poi ne arrivano quattro tutte insieme, poi niente, poi chissà. E mi viene sempre più in mente l’aneddoto dell’ufficiale delle colonie inglesi, nell’Ottocento, che era su un’isola sperduta e si vedeva arrivare il Times una volta ogni tre mesi, e davanti al pacco di tre mesi di giornali si chiedeva: “da dove comincio, dal numero più recente o da quello più vecchio?”.
Le Poste Italiane si sono invece inventate la “posta massiva”, come documenta il timbro-francobollo qui sotto: cosa mai significa, “massiva”? E’ un neologismo per me incomprensibile; giro la busta e leggo che, in caso di mancato recapito, “pregasi restituire al mittente”. Che non è il mio ufficio postale qui a trecento metri da casa, è la “d.b.-centro servizi-piazza del calendario, 3 – 20126 milano”. Cioè, se trovo per strada una busta come questa devo prender su, andare fino a Milano e la devo riportare in quel posto lì? Faccio prima a buttarla via, tanto se non c’è su il mio nome, chi se ne frega.
Intanto che penso a dov’è la piazza del calendario, mi viene in mente una soluzione dell’enigma: posta massiva va sicuramente letto alla francese, con l’accento sull’ultima vocale: “massivà”. Cioè: posta? ma sì, va...Lassa che la vaga, la posta, ma sì...
Fango bollente - Vittorio Salerno
1 giorno fa
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