Il re delle erbacce è sicuramente lui, il soffione, il tarassaco: ha un nome diverso quasi in ogni posto d’Italia ma lo conosciamo tutti. E’ un’erba così comune che ha mille nomi, tanti quanti sono i suoi impieghi, sia come gioco che come fiore che come cicoria da mangiare. Il suo nome ufficiale è tarassaco, “taraxacum officinale”, dal punto di vista botanico è una Composita e fa parte delle Cicoriacee: un nome che mi piace tantissimo, sono contento che in natura esistano le Cicoriacee.
I nostri prati sono pieni di cicorie (basta guardare la foglia) e di fiori gialli più o meno diversi l’uno dall’altro e che, una volta fecondati, esplodono in morbidi soffi di semini che volano col paracadute.
Io l’ho sempre chiamato soffione, e da bambino non riuscivo a credere che il soffione fosse la stessa cosa di quel fiore giallo, ma mi sono dovuto ricredere quando ne ho aperto e sezionato qualche esemplare. E mi sono sorpreso molto, quando mi hanno dato da mangiare i carciofi (asteracee), nel ritrovare quella stessa struttura morbida e pelosa in tutt’altro fiore, e che fiore. Ma la natura fa di queste sorprese, e il carciofo non ha molto a che vedere con la cicoria, a parte il fatto che è buono da mangiare. Però attenzione: alcune specie di queste cicorie non sono buone da mangiare, e quasi tutte – oggi – sono sporche dei gas di scarico degli aerei, degli elicotteri, delle moto, delle BMW e dei TIR, per tacere delle discariche abusive (a Milano l’anno scorso scavando per il metrò hanno dovuto fermarsi e bonificare: sotto terra non c’era più la terra, era tutto discarica abusiva).
Sul “taraxacum officinale” non c’è bisogno di spiegazioni, questa piantina la conosciamo tutti, ed è così resistente e gloriosamente infestante che viene da pensare che sia una specie immortale: cosa della quale, a pensarci bene, sono molto contento.
So che qualcuno lo chiama dente di leone, però è un nome che io non ho mai sentito; mia mamma che è di Parma lo chiama da sempre pitaciò, col pitaciò si può suonare (contiene due diversi strumenti musicali) e c’è anche una filastrocca che fa così:
Pitaciò ro ro
Sa t’in völ at t’ne darò
Sa t’n’in vöt mia
at farò sonär la piva
Chiedo scusa per la trascrizione, ma il pramsàn non si può trascrivere, tutte le trascrizioni sono penose, la mia inclusa: forse ci vorrebbero gli ideogrammi cinesi, chissà. La traduzione è comunque questa: «Pitaciò ro ro, se ne vuoi te ne darò, se non ne vuoi mica ti farò suonar la piva»
E la piva è il gambo del pitaciò, che all’interno è cavo e che si può suonare come una piva, una canna d’organo o della zampogna, per l’appunto. Un altro uso musicale del pitaciò (e di tante altre piante e piantine) è nella foglia, che va stretta fra le dita e poi bisogna soffiarci dentro: ma bisogna stare attenti, non riesce a tutti (io non ci sono mai riuscito, mia mamma ci riesce sempre) e, soprattutto, bisogna fare attenzione prima di appoggiarci le labbra a scolar via bene il lattice bianco, che è amaro.
Le illustrazioni vengono da “Che fiore è questo” di D.Aichele e M.Golte-Bechle, editore Franco Muzzio.
Nella prima tavola: 1) Hieracicum sylvaticum o H. murorum 2) Leontodon autumnalis 3) Solidago canadensis, non una cicoria ma della Asteracee 4) Lapsana communis 5)Matricaria discoidea (asteracee)
Nella seconda tavola: 1) Tanacetum vulgare o Chrysantemum tanacetum (asteracee) 2) Lactuca scariola o L.serriola 3) Senecio viscoso (asteracee) 4) Senecio vulgaris (asteracee) 5) Senecio jacobaea 6) Senecio erucifolius
Nella terza tavola: 1) Sonchus asper (cicoria) 2) Sonchus arvensis 3) Artemisia vulgaris (asteracee) 5) Anthyllis vulneraria (leguminose)
Fango bollente - Vittorio Salerno
1 giorno fa
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