mercoledì 22 giugno 2011

Trombaio

- Bisognerà chiamare il trombaio. – disse seria l’albergatrice, un po’ perplessa, davanti allo scarico della doccia irrimediabilmente otturato.
I miei due amici me lo raccontavano ridendo, anzi ridacchiando molto allegri, alla fine di una vacanza in Toscana di qualche anno fa. Il fatto è che “trombaio”, per i toscani, è una parola normale: significa “idraulico”, e ha un corrispondente anche qui da noi nel milanese e nel comasco, “ul trombée”. I due mi assicuravano che erano rimasti serissimi e non avevano fatto battute (in fin dei conti, a loro interessava solo che la doccia funzionasse a dovere), ma il fatto che l’albergatrice fosse giovane e di bell’aspetto, e la sua assoluta serietà nel pronunciare quella parola, li aveva messi a dura prova. Adesso, tornati a casa, si sfogavano: un po’ come quei personaggi dei cartoni animati che si danno una martellata sul dito e scappano lontani a urlare dal dolore, sempre per non disturbare.
Il fatto è che “trombe” sono i tubi. La parola è antica, e ha lo stesso significato di “tromba delle scale” o di “tromba di Eustachio”, ma i doppi sensi si sprecano e direi che si potrebbe anche sorvolare, in fin dei conti le trombe e tutti gli strumenti musicali a fiato sono soltanto dei tubi, ben intonati ma tubi.
L’episodio mi è tornato alla mente ascoltando una registrazione del Concerto n.2 in mi bemolle maggiore di Mozart per corno e orchestra fatta da Dennis Brain (1921-1957), grande solista inglese, virtuoso di quello strumento (l’altro grande cornista nella discografia è Barry Tuckwell, entrambi degli anni ’50 e ‘60). La storia che si racconta a proposito di Dennis Brain è questa: nel 1956 Brain stava facendo dei lavori in giardino, e smontando un tubo per l’irrigazione provò a soffiarci dentro. Suonava bene, e con qualche piccolo accorgimento lo utilizzò per eseguire Mozart (Mozart padre, Leopold) in concerto. Sembrerà incredibile, ma è vero: ovviamente suonare Mozart con un tubo per l’irrigazione richiede una bravura tecnica fuori dall’ordinario, e anche una gran fatica, ma che fare. Dev’essere stato qualcosa di simile al richiamo della foresta di cui parlava Jack London, quando ti capita un’idea così mica si può resistere.
Purtroppo per noi, Brain fu sottratto alla nostra compagnia da un incidente stradale, prima di compiere i quarant'anni. La faccia qui sopra è proprio la sua, il corno è quello che usava per davvero e non uno scherzo ben riuscito, e devo dire che mi dispiace molto di non poter essere stato suo contemporaneo.
La storia del corno e di Dennis Brain l’avevo letta su qualche giornale specializzato parecchi anni fa, poi l’ho ascoltata su Radiotre forse da Carlo Majer o forse da Paolo Terni, compreso un brano da quella registrazione: inutile dire che Dennis Brain era impeccabile, tubo o non tubo non sbagliava una nota. Però, già che siamo in tema di trombe e corni, non posso non accennare almeno di sfuggita a “Saps at sea”, Stan Laurel e Oliver Hardy, anno 1940 , in Italia distribuito con il titolo “C’era una volta un piccolo naviglio”.

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