mercoledì 31 agosto 2011

Chilometro zero

Nel mio piccolo giardino c’era un pesco, che dava pesche bianche di ottima qualità. Ma poi il tempo passa, gli alberi di pesco non sono molto longevi, il mio era diventato molto alto (più di tre metri) e quasi completamente secco. Rimaneva solo qualche ramo verde, tra i più difficili da raggiungere, e di pesche ormai non se ne vedevano da tempo. Che fare? Molto a malincuore, lo diamo per perduto; si decide di tagliarlo e di farne crescere un altro un po’ più in là. Tutto questo avveniva nel 2009: la pianta del pesco viene completamente tagliata fino a livello terra, e io evito di assistere all’opera della motosega perché veder tagliare le piante mi fa star male.
Il giorno dopo, la prima sorpresa: dal tronco tagliato rasoterra sorge molta linfa, abbondante. Dopo qualche giorno, nascono i primi butti (così li chiama mia mamma: il nome italiano pare che sia “polloni”). Sono tanti, e rigogliosi: che fare? Aspetto un po’, poi bisogna decidersi: prendo una forbice da giardiniere e comincio a tagliare, a sfoltire. Lo faccio un po’ a caso, perché io non ho mai potato nulla, fin qui: l’unica mia attività in questo campo era di tagliare i rametti che sporgevano un po’ troppo pericolosi, e del resto questa non la considero una potatura, la pianta non vuole morire e – confesso – per molti miei motivi personali che non sto qui a spiegare ne sono un po’ commosso. La nuova pianta comincia a crescere rigogliosissima, nel giro di poche settimane è già alta come me, cioè quasi due metri: ed è piena di rami e di foglie.
Poi arriva l’inverno, e non ci si pensa più: è difficile che le piante nate in questo modo facciano i frutti che facevano prima, di solito “rinselvatichiscono” e le nuove pesche sono di qualità inferiore. Se sarà così, pazienza: la pianta si presenta molto robusta, vuol dire che se passa l’inverno poi proveremo con degli innesti. Alla primavera del 2010 invece la pianta fiorisce: un fiore solo, forse due, ma bianchi. Bianchi con leggere sfumature rosa: il fiore giusto per le pesche bianche, dato gli altri fiori di pesco generalmente sono rosa. L’evento mi lascia sperare bene: per tutto l’anno 2010 faccio solo piccoli interventi, e la pianta nuova ormai si presenta bene: due tronchi già rispettabili che sorgono dal vecchio tronco tagliato, e che si intrecciano fra di loro.
Quest’anno, primavera 2011, un’esplosione di fiori: cento, duecento fiori, fiori in ogni punto possibile, e anche dove non ti saresti mai aspettato che potesse nascere un fiore. Non riesco a credere ai miei occhi: speriamo in bene, ci diciamo in casa...E alla fine, ormai ad agosto (qui in Lombardia i peschi danno raccolti tardivi) ecco le pesche mature, tante, bellissime, di qualità eccellente, sopravvissute perfino ad una grandinata. Ne riempiamo quattro cesti molto capienti, si divide con amici e parenti, una vera festa inaspettata.
Il motivo per cui ne parlo qui è questo: che io mi ero ormai dimenticato di cos’era la frutta vera, quella appena colta dall’albero. Trovare frutta veramente buona è ormai diventato un’impresa disperata: e capisco benissimo (oggi, non negli anni ’60) i bambini che non vogliono mangiare frutta e verdura: se è quella roba che vendono nei supermarket, e che non sa di niente, come dar loro torto?
Le mie pesche bianche sono frutti ottimi, dalla buccia ruvida e pelosa (pelle di pesca), ed è una buccia dura, naturale, sono bellissime ma non so se al supermercato riuscirebbero a venderle. Il sapore è straordinario: dolce ma non dolcissimo, consistenza perfetta, belle anche da mordere, il nocciolo (l’osso della pesca) si stacca completamente così come deve essere.
Sono pesche che non si possono conservare: bisogna coglierle e mangiarle. Così succedeva, da sempre, con gli alberi da frutto: ed è per questo motivo che i nostri vecchi si erano inventati conserve e marmellate. Anche il marcio della frutta normale è diverso dal marcio di quella del supermercato: là dove comincia a marcire (ma si pulisce quel punto e si mangia lo stesso) il marcio è nero-marrone, già color del fango, già pronto a ritornare terra, così come dovrebbe essere e come invece non succede più perché si sono selezionate specie che non marciscono - a scapito del sapore ovviamente.
Le mie pesche sono finite presto, ovviamente: per golosità e anche perché il raccolto è stato eccezionale, ma si tratta pur sempre di una pianta sola, e neanche tanto grande. Non so se l’anno prossimo avrò ancora tanta fortuna e tutto questo ben di Dio “a gratis”, e non sono nemmeno ben sicuro di averlo meritato quest’anno; so però che ieri sera ho visto in tv una nota conduttrice “ecologica-biologica” parlare giuliva di comperare merce a chilometro zero, cioè prodotta vicino a casa nostra, come se fosse una scelta possibile, come se il consumatore potesse scegliere. Non è così, non è una scelta possibile: lo era fino a quindici o venti anni fa, qui nell’operosa Lombardia, ma poi le grandi catene di supermercati e ipermercati hanno preso il sopravvento, politici distratti o corrotti gli hanno lasciato fare tutto quello che volevano, e oggi non solo la frutta arriva da ogni parte del mondo, ma è sempre frutta trattata e selezionata in modo da non marcire e da resistere imperterrita anche se prende dei colpi, e anche la clientela fa la sua parte perché rifiuta a priori i frutti “ruvidi e pelosi” (anche le albicocche, anche le mele renette, devono ormai essere lisce e impeccabili), rifiuta disgustata i frutti con i semi (la frutta in natura deve avere i semi, altrimenti è inutile star lì a parlare di biologico), eccetera. Insomma, se avessi portato il mio eccellente raccolto al mercato, sarebbe rimasto invenduto: è venuta su una generazione intera di incompetenti, forse anche due o tre, e sarebbe ora di cominciare a dirlo.
PS: un particolare ringraziamento alle api e ai bombi che hanno reso possibile il lieto fine di questa storia. PPS: le foto sono mie, la pianta e le pesche sono proprio quelle giuste: su qualcuna delle pesche si vede anche il segno lasciato dalla grandine.
aggiornamento ad agosto 2012: purtroppo a fine maggio è arrivata una grandinata molto fitta e spaventosa, i fiori erano moltissimi e si preparava un raccolto abbondante, ma così non è stato. ne ho raccolto un cestino solo, quasi tutte con le cicatrici dalle grandine. Peccato, per quest'anno non ho potuto offrire le mie pesche...

8 commenti:

francesco ha detto...

ancora un po' di anni e una storia così sembrerà fantascienza,

come diceva qualcuno, resistere, resistere, resistere

come avrai notato le pesche mi sembrava stessero bene anche qui (http://amareproduzioniagricole.blogspot.com/2011/09/chilometro-zero-giuliano.html)
e le ho messe, spero ti faccia piacere.

ciao f.

Giuliano ha detto...

mi ha fatto molto piacere, infatti!
:-)
però i miei problemi con i commenti di googolo continuano, e sono veramente problemi bizzarri perché posso fare tutto di tutto ma in alcune occasioni non mi riconosce come utente: mi chiede la password, io la digito, e si entra in un loop infinito. Ho provato a sbagliare apposta la password, mi esce "password sbagliata"...Loro dicono che è colpa mia, e davanti a queste cose entro nel terrore perché so da tempo che non si tratta di cose isolate - consiglio a tutti di rivedere Il dottor Stranamore di Kubrick, magari si prende coscienza del pericolo.
Scusa la digressione, volevo solo spiegarti perché non ho lasciato un commento!
PS: era mio padre che metteva le piante di pesco in giardino - ogni volta che vedo una pianta di pesco penso a lui.

Marisa ha detto...

Le tue peschine sono degne di Cezanne!
Ho imparato anch'io alla Fogona ad assistere a simili miracoli. Ti consiglio di potare ogni anno la pianta resuscitata e vedrai che te ne sarà grata...

PS: non importa essere un vero potatore. Basta tagliare i rami troppo alti e quelli che vanno troppo in dentro. Tra i rami devono poter volare le rodini...

Giuliano ha detto...

Non son peschine, erano belle grosse!
:-)
fin qui avevo potato solo i rami che rischiavano di finirmi negli occhi...magari a novembre chiamo qualcuno che ci sa fare

lastreganocciola ha detto...

noi abbiamo la fortuna di aver beccato Il Contadino Biologico, che ci porta frutta e verdura perfino a casa, senza essere esoso. Naturalmente, in Liguria la produzione è quella che è e bisogna accontentarsi, ma integriamo con un po' di prodotti comprati da Naturasì, che raccoglie più contadini. Certo, è più caro, ma ho fatto il conto che almeno un po' la spesa si compensa in quello che non si butta via, vuoi perchè davvero troppo insapore, vuoi perchè marcisce. Noi non riusciremmo più a mangiare la frutta e verdura "normale" dei supermercati: senza voler essere spocchiosi, ogni tanto si può fare, ma se puoi mangiare solo quella ti passa la voglia davvero...
Cmq, sul web trovi serivizi molto interessanti di consegna a domicilio di prodotti freschi biologici, e se vuoi saperne di più c'è perfino un mio libro uscito qualche anno fa ma ancra abbastanza valido, "Speriamo in bio" ;-)

Giuliano ha detto...

da bambino avevo già il "chilometro zero", e a pochi chilometri da Milano: poi è stato tutto cancellato. Ipermercati, supermercati, outlet, autostrade, superstrade, parcheggi, speculazione edilizia...Forse in altre zone d'Italia siete un po' più fortunati, qui è stato uno scempio continuo. Anche vicino a Milano, era normalissimo avere le uova e l'insalata, o magari le ciliegie, dal vicino di casa che aveva le galline...Ma, adesso, come si fa? Se anche uno volesse tenere un paio di galline, arriva subito il vicino di casa che ti denuncia, e non importa se sei in regola. In compenso, ahinoi, siamo pieni di cacca di cane.
Ti confesso: nel "bio" non ci credo, è impossibile fare agricoltura normale se vuoi vendere e guadagnarci sopra. E quando vedo che la gente non compera i mandarini "perché hanno i semi" sto male...

lastreganocciola ha detto...

Spezzo una lancia: finora i contadini bio fanno molta fatica - soprattutto se sono piccoli - ma quasi ce la fanno, soprattutto se riescono ad accedere alla vendita diretta. Diverso è il discorso del "bio" delle grandi catene - con l'eccezione che ti dicevo l'altra volta, perchè anche se probailmente i criteri di "biologicità" sono (quasi) rispettati, manca la ferschezza del prodtto e altre caratteristiche rurali che rendono il bio del contadino davvero bio.
Comunque, le brave aziende biologiche accettano verifiche da parte degli utenti e si appoggiano ai Gruppi d'Acquisto, che a loro volta verificano, oltre a e consentire margini un po' più alti al produttore. Prima di instristirti (e hai ragione, lo scempio in altri Paesi è già ben più avanzato e questa la strada che vogliono far prendere a tutti) potresti provare...

Giuliano ha detto...

Il problema è proprio questo: le dimensioni. Non ho la pretesa di esaurire l'argomento e non sono certo un esperto, ma con l'agricoltura vera, non forzata, non è possibile riempire gli scaffali dei supermercati. E bisogna anche sapere che, quando la merce è finita, non ce ne è più: cosa che ai supermercati non capita.
Io lo so perché, anche se ero un bambino, qualcosa ricordo: alcune cose andavano prenotate, al macellaio si diceva "mi temga da parte questo e questo", perché si macellava una bestia per volta, magari due. Idem per frutta e verdura: dimenticarsi della frutta fuori stagione (io continuo a comperare le fragole solo a maggio, anche se so che sono uguali a quelle di dicembre...)
Insomma, sarebbe una vera rivoluzione: non credo che i consumatori siano pronti, e sono loro che fanno la strada, non noi. Lo si è già visto con tante altre cose, dalla tv ai trasporti, da qui nasce il mio pessimismo.