martedì 2 agosto 2011

Le licene di Nabokov

Le licene sono farfalle diurne, forse le più belle in assoluto: minuscole, colorate e delicate, grandi poco più di un francobollo, un’infinita varietà di specie e di colori. I bruchi delle licene si nutrono un po’ di tutte le erbe e le erbacce, compresi funghi, felci, licheni, conifere. Sono ovviamente bruchi piccolissimi, e trovandoli fra l’erba è facile confonderli con una lumachina (di quelle senza guscio). Un’altra caratteristica delle Lycaenides è che maschi e femmine della stessa specie sono uguali nelle forme ma hanno spesso livree e colori molto differenti.
Fino a pochi anni fa queste farfalline erano comunissime e si trovavano in ogni prato e in ogni balcone fiorito, oggi chissà. Che anche i licenidi siano vittime dell’asfalto e dei diserbanti è una brutta cosa, un altro di quei fatti che rendono il mondo più triste.
Ai licenidi si è dedicato con grande cura e attenzione Vladimir Nabokov, che ne ha descritto specie fino ad allora non ancora catalogate, e che oggi portano il suo nome (“nabokovie”).
Nabokov è uno dei più grandi scrittori del Novecento, ma è ricordato quasi soltanto come autore di Lolita, romanzo che in pochissimi hanno letto (la seconda parte è molto bella, la prima si fa fatica) e che moltissimi citano in continuazione, più o meno a sproposito. Ma Nabokov ha scritto molti libri prima e dopo Lolita, ed è davvero uno scrittore grandissimo. Oggi porto qui qualcosa dei suoi scritti come entomologo, scelti tra quelli che si trovano in fondo al volume “Intransigenze”, “Strong opinions”, da lui stesso curato, edito in Italia da Adelphi. Si tratta di brevi articoli e recensioni molto specialistiche; per chi fosse interessato ai romanzi di Nabokov posso consigliare di rivolgersi a http://nonsoloproust.splinder.com/  di Gabriella Alù, un sito dedicato ai libri dove Nabokov occupa un posto di riguardo.
Vladimir Nabokov, da “Intransigenze” (ed. Adelphi)
Per circa quindici anni, dopo essermi trasferito in America nel 1940, ho dedicato un'enorme quantità di tempo (più ancora di quanto ne abbia concesso alla scrittura e all'insegnamento) allo studio dei lepidotteri, uno studio comprendente tre attività distinte: esame di certe strutture microscopiche nel laboratorio del Museo di Zoologia comparata di Harvard; stesura di contributi scientifici per le riviste di entomologia; e raccolta di materiale durante le vacanze estive. Almeno tre dei miei contributi hanno sufficiente interesse letterario per meritare un posto nel presente volume, e ad essi ho aggiunto due recensioni, l'ultima delle quali pubblicata poco tempo fa.
 LA FEMMINA DI LYCAEIDES SUBLIVENS NAB.*
* Oggi nota come Plebejus (Lycaeides) idas sublivens o Lycaeides sublivens Nab.; F. Martin Brown (1955) l'ha chiamata semplicemente « Nabokov's Blue ».
L'estate scorsa (1951) decisi di recarmi a Telluride, nella contea di San Miguel, Colorado, per cercare la femmina sconosciuta di una farfalla che nel 1949 avevo descritto come Lycaeides argyrognomon sublivens («Bull. Mus. Comp. Zool.», vol. 101, p. 513) basandomi su nove esemplari maschili conservati nel Museo di Zoologia comparata di Harvard e catturati mezzo secolo fa nelle vicinanze di Telluride. L. sublivens è un isolato rappresentante meridionale (l'unico noto a sud del Wyoming nordoccidentale, a sud-est dell'Idaho e a est della California) della specie (l'olartica argyrognomon Bergstr. = idas auct.) cui appartengono arma Edw., scudderi Edw., aster Edw. e altre sei sottospecie neartiche. Rovinai le vacanze della mia famiglia, ma ottenni ciò che volevo.
A causa delle piogge e degli allagamenti, notevoli soprattutto nel Kansas, il viaggio in automobile dallo Stato di New York al Colorado fu povero di episodi di interesse entomologico. Quando finalmente arrivammo, Telluride si rivelò un umido, poco frequentato ma spettacolare cul-de-sac (cavalcato ogni sera da un prodigioso arcobaleno) in fondo a due strade convergenti, l'una proveniente da Placerville, l'altra da Dolores, entrambe atroci. C'è un unico motel, l'ottimistico e ottimo Valley View Court, dove mia moglie e io alloggiammo, a 2700 metri d'altezza, dal 3 al 29 luglio, arrampicandoci ogni giorno fino ad almeno 3600 metri, lungo vari sentieri più o meno ripidi, in cerca della sublivens. Un paio di volte Mr. Homer Reid di Telluride ci portò in quota con la sua jeep. Tutte le mattine alle 6, quando mi mettevo in cammino, il cielo era di un azzurro impeccabile. La prima nuvoletta innocente solcava rapida il cielo alle 7.30. Le sorelle maggiori, con la pancia più scura, cominciavano a mettersi fra noi e il sole verso le 9, proprio mentre uscivamo dall'ombra delle rocce e degli alberi per avventurarci in un buon terreno di caccia. Dopo mezz'ora tutto era freddo e cupo. Verso le 10 scoppiava la quotidiana tempesta elettrica, in più rate successive, fastidiosamente accompagnata dai fulmini più vicini che abbia mai visto in una qualsiasi parte delle Montagne Rocciose, non escluso Longs Peak, il che è tutto dire, e seguita da nuvole e pioggia per tutto il resto della giornata. Dopo dieci giorni così, e nonostante meticolose esplorazioni successive, trovammo solo una sparuta colonia di sublivens. (...)
[Pubblicato in « The Lepidopterists' News », New Haven, Conn., vol. 6, 8 agosto 1952, pp. 35-36].


« FARFALLE, FALENE, E ALTRI STUDI DI AUDUBON » A CURA DI ALICE FORD
Chi sa tanto poco di farfalle quanto io so di uccelli giudicherà forse i lepidotteri di Audubon non meno affascinanti di quanto appaiano a me i suoi uccelli, così radiosi, vivi, teatrali. Qualunque cosa facciano quei volatili, io sono lì con loro e partecipo con tutto il cuore, per esempio, allo stupore dell'«Airone verde» che, in una famosa tavola dell'«in folio» sugli uccelli, resta a becco aperto per la strana posizione e i colori fin troppo lustri di una falena Actias luna. Qui, però, m'interessa solo l'album di schizzi di Audubon («una rarità di quindici pagine di arte pionieristica», di proprietà di Mrs. Kirby Chambers di New Castle, Kentucky), dal quale Miss Ford ha tratto disegni di farfalle e altri insetti che ha pubblicato in un bel volume completato con l'aggiunta di una miscellanea pittorica e di una biografia di Audubon. Gli schizzi risalgono al decennio 1820-1830. La maggior parte dei lepidotteri, interpretati in chiave parodistica, veniva dall'Europa (Francia meridionale, direi). I loro nomi scientifici, forniti da Mr. Austin H. Clark, sono meticolosamente esatti, tranne nel caso di una farfalla, a p. 20, in alto, che non è una Hamaeris ma una Zerynthia deformata. I loro equivalenti inglesi, invece, rivelano qualche triste svarione redazionale: «Cabbage»(«cavolaia») a p. 23 e «Miller» («farfalla notturna con ali polverulente») a p. 91 dovrebbero essere rispettivamente «Bath White»(«Pontia daplidire») e «Witch» («nottuide»); e le due falene di p. 64 non sono affatto «flesh flies» («mosconi della carne»).
Miss Ford dimostra scarsa competenza quando fa la storia dell'illustrazione entomologica e definisce l'era di Audubon «scientificamente poco raffinata». La mancanza di raffinatezza è tutta sua. Avrebbe potuto dare un'occhiata alle prodigiose raffigurazioni che John Abbot ci ha lasciato dei lepidotteri nordamericani (1797), o alle splendide tavole dei lepidotterologi tedeschi del Settecento e degli inizi dell'Ottocento, o alle sontuose farfalle che ravvivano fiori e frutta degli antichi maestri olandesi. Avrebbe potuto viaggiare a ritroso per circa trentatré secoli, fino ai tempi di Tutmosi IV o Amenofi III, per trovarvi, invece dell'ovvio scarabeo, certi affreschi con una meravigliosa farfalla egizia (che combina sottilmente il disegno della nostra vanessa del cardo con il corpo di una parente africana della monarca). Non ho titoli per parlare dei coleotteri e delle cavallette dell'album di Audubon, ma le farfalle sono sicuramente modeste. Le esagerate crenature sui margini delle ali posteriori, dovute all'ingenuo e volonteroso tentativo dell'artista di rappresentare i margini friabili e gualciti di esemplari mal preparati, sono tipiche delle peggiori illustrazioni entomologiche dei secoli passati, alle quali gli schizzi di Audubon sono curiosamente simili.
Domanda: è possibile disegnare qualcosa di cui non si sa niente? Non esiste forse un'alta cresta dove il versante della conoscenza «scientifica» si congiunge con l'opposto versante dell'immaginazione «artistica»? Se è così, bisogna dire che Audubon, come artista delle farfalle, è rimasto al livello del mare da un lato e si sta arrampicando sul contrafforte sbagliato dall'altro.
[« The New York Times Book Review », 28 dicembre 1952].


« GUIDA ALLE FARFALLE BRITANNICHE ED EUROPEE » DI L.C. HIGGINS E N.D. RILEY
Nella mia fanciullezza, quasi sessantacinque anni fa, fremevo di rabbia impotente quando Hofmann, nel suo libro allora famoso, Die Gross-Schmetterlinge Europas, non dedicava un'illustrazione a una rarità descritta nel testo. Non ci sono frustrazioni simili in agguato per il giovane lettore della meravigliosa guida alle farfalle paleartiche, a ovest della frontiera russa, che viene ora pubblicata da Lionel C. Higgins, autore di importanti contributi sui lepidotteri, e Norman D. Riley, conservatore degli insetti al British Museum. (...) Mi spiace che per le vanesse sia usato lo spaventoso nomignolo «Admiral» («ammiraglio») al posto dell'antico «Admirable»(«ammirabile»). I nuovi nomi volgari sono ben inventati; e, paradossalmente, piaceranno più all'esperto, desideroso di evitare controversie tassonomiche quando indica una specie, che al novellino, il quale invece si berrà i nomi latini in un baleno. La lista di controllo delle specie avrebbe avuto un ben maggiore interesse se non fossero stati omessi i nomi degli autori (deplorevole pratica di origine commerciale che nuoce a non pochi recenti manuali americani di zoologia e di botanica).
La scelta delle sottospecie più importanti tra le migliaia descritte negli ultimi cent'anni è una questione un po' soggettiva e non può essere discussa in questa sede. Nel decidere se classificare una farfalla come una varietà della sua parente più prossima o come una specie a parte, la Guida dà prova di un sano criterio quando riaggrega Maculinea alcon rebeli a Maculinea alcon e collega Pieris napi bryoniae con Pieris napi (pieride del navone): chiunque abbia camminato lungo un ruscello di montagna nel Vallese, nel Ticino e altrove avrà notato la profusione e il quasi comico guazzabuglio di multicolori intergradazioni tra questi due pieridi. In alcuni casi, però, si direbbe che gli autori abbiano ceduto alle lusinghe del conteggio cromosomico. Nel bene e nel male la nostra attuale nozione di specie, per i lepidotteri, si fonda unicamente sulle strutture verificabili di esemplari morti, e se il licenide Agrodiaetus ainsae si può distinguere da Agrodiaetus dolus solo per il numero dei cromosomi, allora la specie A. ainsae deve essere scartata.(...)
Particolarmente strana mi sembra «Boloria graeca balcanica f. tendensis», che in realtà è Boloria graeca tendensis Higgins, una sottospecie incantevole e inaspettata, per amore della quale andai una volta a Limone Piemonte, dove la trovai a circa 2100 m in compagnia di due congeneri, Boloria pales e Boloria napaea. Per inciso, l'illustrazione grigiastra non rende giustizia al pallore madreperlaceo della pagina inferiore delle sue ali. Sono tutti difetti veniali che si dissolvono nell'aura di questo libro, un'aura di serietà e onestà, di concisione e completezza; c'è invece una mancanza che considero grave e che dovrebbe essere corretta nelle successive ristampe. La spiegazione a fronte di ogni tavola dovrebbe indicare il luogo esatto e la data di cattura per ogni esemplare dipinto o fotografato, secondo un principio cui si attengono rigorosamente i libri più recenti sulle farfalle. La nostra Guida, invece, omette questi dati. Di conseguenza il giovane lettore, oltre a essere privato dell'emozione indiretta della cattura, non saprà se l'esemplare proviene dai paraggi della località tipo, mentre il vecchio entomologo potrà subito notare che l'illustrazione non raffigura un individuo della varietà tipica. (...)
Il macaone còrso (Papilio hospiton) macchiato di rosso (nel risguardo) è senz'altro un capriccio dello stampatore, non il frutto della fantasia dell'artista, e certamente vi si metterà riparo a tempo debito. Molte delle illustrazioni di Brian Hargreaves sono eccellenti; alcune sono un po' crude e poche scadenti; tutte le sue farfalle, ad ogni modo, sono riconoscibili, e questo, in fondo, è lo scopo essenziale. Talvolta la sagoma delle ali è incerta, per esempio nel caso dei satiridi del genere Coenonympha (tav. 47); e si nota una spiacevole tendenza ad appuntire i margini delle ali posteriori di certi satiridi del genere Erebia (tavv. 37, 41, 44). In alcuni gruppi di farfalle strettamente affini la Natura sembra essersi tolta il capriccio di variare da una specie all'altra il disegno della pagina inferiore delle ali posteriori, inventandosi volute e sfumature fantastiche, ma senza mai sacrificare a questi scaltri camuffamenti l'idea fondamentale del genere. Non sempre Brian Hargreaves ha seguito questo gioco di variazioni sul tema all'interno di un genere. Per esempio, nella pagina inferiore delle ali posteriori di Clossiana il ritmo serrato e dentellato dei segni della Clossiana polaris, che intensifica e unifica lo schema di C. freija, è reso in maniera insufficiente. L'artista non ha capito l'affinità con C. frigga, che traspare appena dal disegno della C. improba, né ha interpretato il disegno a ghirlanda e le sfumature violette come un collegamento tra Clossiana chariclea e C. titania, e tra quest'ultima e C. dia. Per il resto, molte farfalle raramente illustrate, come Pieris napi atlantis Oberthur, Philotes bavius fatma Oberthur e Callophrys avis Chapman, oppure certe infide creature come gli incantevoli licenidi di tav. 57, sono riuscite molto bene. L'impresa di radunare tutte queste bellezze spagnole e africane in un solo volume non è uno dei meriti minori del manuale di Higgins e Riley, un libro unico e indispensabile.
[« Times Educational Supplement », Londra, 23 ottobre 1970].
Le illustrazioni di questo post vengono dal bellissimo sito di Luciana Bartolini http://www.lucianabartolini.net/  e da questo libro pubblicato nel 1979 da Accademia: la licena è in copertina e quindi la citazione è d'obbligo. (il libro è mio e di conseguenza la sovracopertina è un po' consumata)

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