Uno dei concerti più belli tra quelli a cui ho assistito, forse il più bello in assoluto - roba da applausi ritmati e gente che non se ne vuole più andare, per intenderci – è stato quello dell’Ensemble Micrologus di Assisi. Era un concerto di musica antica, di quelli che passano per noiosissimi: il pubblico, dapprima un po’ perso (che si fa? si applaude o si sta in religioso silenzio?) capisce presto cosa bisogna fare e fin dal secondo brano applaude senza risparmiarsi. Mai un momento di noia, viene anzi voglia di mettersi in marcia, di mettersi a ballare, la sedia col posto numerato diventa un impaccio, si vorrebbe essere per strada, ballare, cantare, danzare. Anche noi, e non solo i musicisti.
Un amico umbro mi aveva poi spiegato che da loro si faceva così, e forse lo si fa ancora: le processioni si fanno con musica come questa, fin da ragazzi ti insegnano a suonare gli strumenti adatti, poi si canta, si balla, si sta seri, ci si commuove, ma non c’è niente di obbligato, è davvero una festa; e dunque il nostro impulso a saltare su dalla sedia a ballare e cantare era del tutto naturale, ed era proprio l’effetto che volevano raggiungere i musicisti.
Nel dopoconcerto, anch’io mi sono mescolato ai musicisti; un ricordo particolare è la breve chiacchierata con Patrizia Bovi, mia quasi omonima, “umbra da generazioni”, non solo voce straordinaria ma anche donna bellissima (l’emozione del ricordo nasce anche da qui).
da www.wikipedia.it
Il gruppo viene alla luce nel 1984, fra i primi che si propongano di far conoscere la musica medievale a quel tempo poco eseguita. Su impulso di quattro musicisti: Patrizia Bovi, Gabriele Russo, Adolfo Broegg e Goffredo Degli Esposti, nasce Micrologus. Il bagaglio professionale dei componenti, tutti esperti di musica medievale, li spinge ad esplorare, in particolare, la musica sacra dal XII al XIV secolo con un occhio di riguardo alle forme della sacra rappresentazione e del dramma sacro. Il loro approccio al repertorio si indirizza alla lettura filologica degli spartiti ed al recupero delle sonorità del tempo a mezzo della costruzione di strumenti dell'epoca e dello studio delle vocalità del tempo in cui furono composte le opere da loro rappresentate. Ben presto riescono ad imporsi a livello europeo ed internazionale portando i loro spettacoli in giro per l'Europa, in Nordafrica ed in Asia. Fra i paesi in cui hanno dato concerti si ricordano, in ordine alfabetico, Austria, Belgio, Canada, Francia, Germania, Giappone, Inghilterra, Marocco, Olanda, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Spagna, Svizzera, Slovenia, e Ungheria. Il 23 aprile 2006 la prematura scomparsa dell'artista Adolfo Broegg lascia un vuoto incolmabile.
Componenti: Patrizia Bovi - Canto, arpa gotica; Gabriele Russo - Ribeca, viola da gamba, liuto; Goffredo Degli Esposti - Canto, organo portativo Il gruppo ha organico variabile in base all'opera rappresentata e varia di volta in volta con l'aggiunta di altri cantori e strumentisti.
La loro discografia è costituita da 20 CD dei quali si riporta qui di seguito un parziale elenco:
Landini e la Musica Fiorentina (1994); Anonimo, Llibre vermell de Montserrat S. XIV, Discant CD-E 1008 (2001); Anonimo, Laudario di Cortona, Edizioni Disc CD M00010/3 (1999); Anonimo, Cantico della terra, Opus 111 OPS 30-277 (1999); Autori vari, Napolitane, villanelle, arie, moresche, Opus 111 OPS 30-214 (1998); Anonimo, Napoli Aragonese, Opus 111 OP 30-215 (2000); Gloria et Malum (2007)
Il Micrologus è un trattato sulla musica medievale scritto da Guido Monaco intorno al 1026. Egli lo dedicò al vescovo di Arezzo Tedaldo; l'autore gli attribuisce una parte importante nel suo abbandono di uno stile di vita molto ritirato: «Mentre io desiderava di condurre vita almeno in parte solitaria, la vostra benigna estimazione è venuta a ritormene, per associare a sè stessa la mia piccolezza nello studio della divina parola.» (Testo originale: "Ad sacri verbi studium meam sibi sociari voluit parvitatem. Non quod vestrae desint excellentiae multi et maximi spiritales viri, et virtutum effectibus abundantissime roborati et sapientiae studiis plenissime adornati" , traduzione di Antonio Brandi da “Guido Aretino, monaco di S. Benedetto”, pag. 132) Il trattato si occupa delle modalità di canto ed insegnamento del gregoriano, e discute estesamente la composizione di musica polifonica. Fu uno dei trattati di musica più diffusi nel Medio Evo. L'opera tratta l'organum parallelo e libero, riportando anche alcuni esempi a due voci; esse sono contrapposte e talvolta si incrociano. Mette in guardia il lettore dall'uso della quinta giusta e della seconda minore, consigliando invece la seconda maggiore e la quarta giusta (ma consentendo anche l'introduzione di terze). Una parte importante è la sua trattazione dell'occursus (letteralmente "incontro"), un antenato della cadenza. Esso si verifica quando due voci si avvicinano all'unisono. Guido Monaco suggerisce che tale avvicinamento avvenga per moto contrario da una terza maggiore o per moto obliquo da una seconda maggiore.
Il concerto a cui mi riferisco è quello del 21 maggio 1993 a Cantù, Basilica di San Vincenzo in Galliano, musiche dal Llibre Vermell di Montserrat e canti di pellegrini italiani. L’Ensemble Micrologus di Assisi ha un suo sito, http://www.micrologus.it/ , dove si trovano tutte le date dei loro prossimi concerti.
Il mio primo incontro con l’Ensemble Micrologus nasce da un ascolto radiofonico: le canzoni di Francesco Landini, anno 1200 (esiste anche un cd tratto da quei concerti). Il concerto era magnifico, trascinante; in casi come questi (mica solo per i Rolling Stones) i bis diventano inevitabili.
Poco tempo fa ho trovato sui giornali un’intervista a Stefania Sandrelli, che stava promuovendo un suo nuovo film di cui è anche regista; diceva che avrebbe voluto mettere le musiche dell’epoca, ma, si sa, “sono così noiose”. Lo diceva dandolo per scontato, l’intervistatore acconsentiva con ogni evidenza, ecco un altro luogo comune confermato. Ma i luoghi comuni, anche se hanno qualche fondamento, confinano sempre con la pigrizia: a mio parere la signora Sandrelli avrebbe potuto fare una chiacchierata con Patrizia Bovi, prima di dire queste scemenze. Più tardi, in tv, un documentario con intervista al cantautore inglese Donovan, che ha un ricordo simile delle musiche del 1200 risalente al tempo della sua collaborazione con Franco Zeffirelli, negli anni ’60. A quel tempo, la riscoperta degli strumenti antichi e della musica antica stava per cominciare: si tornava a eseguire quel repertorio, ma senza sapere ancora bene come fare di preciso. Ma da allora di acqua ne è passata, sotto i ponti: e quando mai, va detto, della gente si è radunata ad ascoltare musica con l’intento preciso di annoiarsi? Se ci si annoia, se non ci si commuove, se non viene voglia di alzarsi e ballare, questo significa soltanto una cosa: esecutori non all’altezza, oppure – molto più probabile - ascoltatori non all’altezza.
Fango bollente - Vittorio Salerno
1 giorno fa
6 commenti:
Grazie...:-))
L'Ensemble Micrologus cambia spesso repertorio e formazione (a seconda di quello che suonano), sia pure restando nell'ambito musicale che ho cercato di descrivere qui,perciò ogni concerto è diverso dal precedente - questo va detto. Con affetto e ammirazione, come sempre
:-)
li ho sentiti la prima volta in "Kronomakia", con Daniele Sepe, un cd bello, prima mai sentiti.
adesso ne so qualcosa di più:)
il percorso della musica antica è stato più o meno questo: la notazione musicale era spesso molto abbreviata, soprattutto nei bassi, e non c'è quasi mai l'indicazione di tempo. I nostri musicisti avevano perso l'abitudine a leggere queste partiture, perché fin dal tempo di Haydn il compositore scriveva tutto nel dettaglio, e non rimaneva che leggere ed eseguire. Invece, da una ventina d'anni in qua, quelli cresciuti con la musica folk, col rock e il jazz hanno capito come si doveva fare: sulle notazioni musicali antiche c'è scritto "questa è la melodia, e questo è l'accordo per il basso: poi tu sei musicista, sai cosa devi fare". Questo comporta anche che ogni esecuzione della musica di quei periodi è diversa da ogni altra esecuzione, come capita con le ballate del folk, come ben sai.
Ridotto ai minimi termini e con molte imprecisioni, ma io non sono un musicista! (ho letto e ascoltato molte interviste, con il Micrologus, con Alessandrini, con Fabio Biondi...)
In questi giorni, in campi diversi ma non così poi lontani l'uno dall'altro, si sfiorano questi argomenti. Ad esempio è la partitura il punto fermo di un'opera lirica oppure (ovvio, entro certi limiti) è l'interprete che di quella partitura, con la sua interpretazione, ne perpetua la memoria e di conseguenza risoffia la vita in quei "pezzi di carta"?
Io sto sempre, coi limiti di cui sopra, dalla parte dell'interprete, che mi fa sentire viva una Violetta per come sarebbe oggi e non per com'è stata 150 anni fa. Una Violetta di 150 anni fa non la capirei, perché non parlerebbe la mia lingua e non sarebbe intrisa del mio vissuto.
Ciao Giuliano!
Il discorso riguarda soprattutto la musica antica, che spesso veniva tramandata oralmente, i musicisti giravano per città e corti, e tante cose si davano per scontate. In Beethoven, ovviamente, non c'è niente da toccare... Però, da Verdiani appassionati, il primo esempio che mi viene in mente è quello dell'acuto del Trovatore, farlo o non farlo?
:-)
In verità, sulla partitura "ufficiale" non c'è, ma chissà cosa ne pensava davvero Verdi, magari gli piaceva, così come piace a noi.
(C'è poi l'episodio che certamente conosci, il disco inciso da Mascagni negli anni '30 come direttore che rispetta tutte le "invenzioni" dei cantanti in cav. rust.)
saluti a te, o uomo fortunato! (il perché te lo dico sempre in privato...)
:-)
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