mercoledì 5 agosto 2009

John Dowland


Giuliano, 1 novembre 2006
Ho un po' il dente avvelenato con Fabio Fazio, ma sabato sera mi ha fatto un gran bel regalo, facendo una di quelle cose che in tv sono diventate spaventosamente rare. E' vero che Fazio invita sempre personaggi che hanno qualcosa a cui far pubblicità, e che a tutti dice che sono dei grandissimi artisti (non grandi, ma grandissimi e straordinari tutti): ma stavolta, grazie a Sting, è successo un piccolo miracolo. Il miracolo è che si è parlato per mezz'ora, in tv e in prima serata, di John Dowland. Dowland è uno dei più grandi musicisti di tutti i tempi, ma - a parte l'Inghilterra - è anche uno dei meno conosciuti. Perciò ne approfitto subito, e - visto che è una notizia d'attualità - torno per un momento ai miei argomenti preferiti.
Dowland è contemporaneo di Shakespeare e di Cervantes. Nasce in Inghilterra nel 1562, ma poi gira tutta l'Europa (è sempre straordinario vedere come la gente si muovesse così tanto anche in quei secoli lontani, senza aerei né automobili ma a piedi e a cavallo...), ed è a contatto con tutti i più grandi musicisti del suo tempo. Dowland è nella storia delle musica per le sue "infinite variazioni sulla melancolia", ovvero le composizioni intitolate "Lachrymae", per complesso di viole; ma il suo strumento era il liuto, che è un antenato della chitarra, e molte sue composizioni sono per liuto e per voce. Non la voce dei cantanti d'opera come la pensiamo oggi, una vocalità che è ancora molto lontana nel tempo, ma una voce per cantare in piccoli ambienti, molto intima e simile a quella dei cantanti del 900 e di questo inizio secolo. E' per questo che Sting le può cantare, e da quel poco che ho ascoltato le canta benissimo, con grande stile e personalità.
L'unica cosa che mi è dispiaciuta, di quella chiacchierata tra Sting e Fazio, è che non si è mai fatto il nome di Claudio Monteverdi, che è ancora più importante di Dowland e che ha la sua stessa età (1567-1643): visto che Dowland è stato anche in Italia, è più che probabile che si siano incontrati e scambiati qualche parere. I testi delle canzoni di Dowland sono molto belli, ed è molto bello anche come Dowland li mette in musica; però sono tutti in inglese, l'inglese elisabettiano, e questo crea qualche problema. Perciò per oggi scelgo Monteverdi, in una delle sue "canzoni" più famose (e se volete ascoltare le meraviglie che ne ha tratto Monteverdi, vi consiglio il cd con l'edizione diretta da Rinaldo Alessandrini).
Hor che 'l ciel e la terra e 'l vento tace,
e le fere e gli augelli il sonno affrena,
notte il carro stellato in giro mena,
e nel suo letto il mar senz'onda giace.
Veglio, penso, ardo, piango; e chi mi sface,
sempre m'è innanzi per mia dolce pena:
guerra è il mio stato, d'ira e di duol piena;
e sol di lei pensando ho qualche pace.
Così sol d'una chiara fonte viva
move il dolce e l'amaro ond'io mi pasco:
una man sola mi risana e punge:
e perchè il mio martir non giunga a riva,
mille volte il dì moro, e mille nasco,
tanto della salute mia son lunge.
Francesco Petrarca, Rime - Claudio Monteverdi, Ottavo Libro dei Madrigali.

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