(30 aprile 2003 )
Eravamo sul lavoro, e volevamo sapere i risultati delle partite di calcio. Così abbiamo preso una radio, e l'abbiamo accesa cercando invano i canali della Rai; alla fine abbiamo dovuto ripiegare su un'emittente qualsiasi - una delle tante che ingombrano l'etere pubblico. L'alternativa era andare sulle onde medie e sorbirsi un ascolto difficoltoso tra una buona dose di sibili e disturbi.
Ma ormai anche questa non è più una novità: sono più di vent'anni che i canali Rai sulla modulazione di frequenza non si captano facilmente, o non si prendono del tutto. Le ragioni sono note a tutti quelli che hanno almeno 40 anni, o dovrebbero esserlo. Negli anni '70 si parlava di radio libere, e la conquista dell'etere con la fine del monopolio Rai sembrava una conquista di civiltà, ma non è stato così. Anzi, presto si è cominciato a parlare di "radio commerciali" (e non più libere...), e poi il fenomeno si è esteso anche alla televisione.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti; decine e centinaia di emittenti tv e radio, per trasmettere il nulla. E il servizio pubblico ormai quasi inesistente, e anzi sbeffeggiato. Una volta c'erano le ideologie, oggi si ragiona solo in base ai soldi: il servizio pubblico (cioè, in sintesi: usare i media per dare informazioni e cultura) non fa audience, e quindi non porta pubblicità. La pubblicità porta i soldi, ed è quindi l'unica cosa che conta davvero. Pazienza se poi diventa difficile anche riuscire a sapere cosa ha fatto il Milan, come voleva il mio collega.
Ma provate a fare questi discorsi in pubblico, o magari in tv (c'è chi ci prova, ogni tanto), e verrete aggrediti con una montagna di contestazioni e anche con irrisione. E' proprio vero: ormai l'unica ideologia del nostro tempo è fare soldi, e far tacere chi non è d'accordo.
La prossima tappa è fare lo stesso lavoro con internet: e siamo già a buon punto.
domenica 16 agosto 2009
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