Nel 1996 la direzione del Teatro alla Scala decise di rappresentare in forma di concerto l'opera di Wagner "L'Oro del Reno", che invece era prevista in forma scenica. Motivo: la scenografia prevista era troppo pesante, e il palcoscenico non avrebbe retto. Il Corriere della Sera del 18 aprile 1996 ne dava notizia così: " (...) Troppo precario il palcoscenico della Scala, spiegano in teatro. Talmente fragile da non reggere le lotte dei giganti e dei Nibelunghi, affaticato perfino dalle leggerezze del Flauto Magico mozartiano." Un mese dopo, il 29 maggio 1996, il Corriere riportava queste frasi: " (...) L'Oro del Reno, in programma da domani alla Scala, diretto da Muti (6 repliche fino al 13 giugno), sarà, com'è noto, in forma di concerto. Una decisione annunciata dal teatro un mese e mezzo fa, una scelta inattesa e controversa dettata, secondo la sovrintendenza da gravi problemi del palcoscenico. (...) " E l'allora direttore artistico Roman Vlad spiegava: " (...) il progetto di Engel e di Rieti stavolta era veramente bello: per l'uscita dei Nibelunghi dalle caverne la crosta terrestre si sarebbe dovuta sollevare e spaccare in modo spettacolare". Ed ecco il grosso problema strutturale: "Quella scena era troppo pesante per i nostri ponti, che risalgono al '36-'38 e che oggi possono essere utilizzati solo al 50-60%." E Vlad rivela: "L'anno scorso uno è crollato durante una prova del Mefistofele: solo per un miracolo non ci sono stati né morti né feriti."
Eccetera. Vado un po' a controllare le date: L'Oro del Reno è un'opera di Wagner (1813-1883), che ebbe la sua prima rappresentazione nel 1854. Il Mefistofele (1875) è di Arrigo Boito (1842-1918). Tenuto conto che la Scala era la casa di Giuseppe Verdi (1813-1901) e di Giacomo Puccini (1858-1924), viene da chiedersi come abbia fatto il teatro d'opera più famoso del mondo a rimanere aperto dal 1778 fino al 2001, anno nel quale sono iniziati i lavori che hanno portato alla distruzione e ricostruzione di tutti gli edifici che stavano dietro il palcoscenico. Il risultato, prima e dopo, lo potete vedere nelle foto che allego (una è presa da un giornale; l'altra è mia, del 9 novembre 2004), e il commento lo lascio a voi. Da parte mia, penso che di solito si definisce come data iniziale della storia dell'opera il 1607 (l'Orfeo di Monteverdi) e la sua fine al 1926 (la Turandot di Puccini), e anche se prima e dopo queste opere ci sono stati grandi capolavori, le due date sono molto significative. Sono più di 50 anni che un'opera moderna non rimane stabilmente in repertorio, e ormai anche i grandi cantanti si contano sulle dita di una mano. Non so, a me è sembrato un grande spreco, a prescindere dai risultati estetici e tecnici, spendere tutti questi soldi soltanto per poter allestire scene pesanti e macchinose come quelle richieste dal regista Engel e dallo scenografo Rieti. Forse (ma io non sono un esperto) sarebbe bastato cambiare quei martinetti che risalgono agli anni '30, e magari tornare alle vecchie scene dipinte sui teli, come si faceva ai tempi di Bellini e di Verdi, che - a quanto mi risulta - non se ne lamentavano più di tanto, non chiedevano foreste vere per la Norma (1831) e vere montagne per l'Ernani (1844), badavano più che altro ai musicisti e ai cantanti, e quando c'era da allestire una loro opera non chiedevano l'opera degli ingegneri né tantomeno che il Mar Rosso si aprisse veramente davanti a Mosè (Rossini, Mosè e il Faraone, 1827).
(nella foto, la Scala com'era prima dell'autosilo e della scatola di scarpe)
(Giuliano 19.11.2004)
Fango bollente - Vittorio Salerno
1 giorno fa
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