Nel 1966 il grande violinista americano Yehudi Menuhin incontrò l'indiano Ravi Shankar, grande virtuoso di sitar. Di quell'incontro rimangono delle registrazioni meravigliose, forse le più sorprendenti e belle della storia del disco. Non è musica indiana e non è musica occidentale, è ambedue le cose messe insieme, anche se la forma predominante è quella del raga.
Nelle note accluse al disco, Shankar ricorda che il violino fa parte della tradizione musicale indiana, e che anzi gli indiani si stupiscono che noi occidentali lo consideriamo come nostro caratteristico. Menuhin, magnifico interprete di Bach, Mozart e Beethoven, si sofferma di più sugli aspetti tecnici della musica indiana: ne scopre la grande varietà di ritmi, la lontananza dal "sistema temperato" che noi usiamo (l'intervallo di quinta è matematicamente perfetto, non ci sono approssimazioni nel sistema musicale indiano), la prevalenza del ritmo rispetto alla melodia, le forme rigorose che però non negano la libertà individuale, la ricchezza e la varietà delle scale musicali indiane.
Menuhin, ebreo americano, cittadino del mondo come pochi altri, poliglotta, uomo di cultura vastissima e di vastissima umanità e curiosità intellettuale, aveva qualcosa di angelico nell'aspetto e nel modo di porsi. Da bambino, già celebre in tutto il mondo, racconta che aveva un sogno: gli sembrava che se avesse potuto suonare Bach nella Cappella Sistina il mondo si sarebbe aggiustato e avrebbe iniziato a girare meglio. Perché la musica è precisa, i grandi compositori sanno sempre cosa devono fare, mettono esattamente la nota che devono mettere in quel momento, e non un'altra. I politici non hanno uno spartito, non sanno mai bene cosa devono fare; forse qui sta il problema, pensava il bambino Yehudi; e il violinista ormai anziano lo ricordava con un sorriso dolce e appena un po' ironico.
Shankar è un carattere diverso: grande musicista classico nel suo Paese, approfittò della moda della musica indiana propagata dai Beatles negli anni '60 e girò il mondo, a quel che pare divertendosi molto (La cantante Norah Jones è sua figlia, nata in America dopo uno dei suoi tanti soggiorni).
Ma l'incontro tra i due è stato bellissimo, ma non fecondo. Visto con gli occhi di oggi, quarant'anni dopo, è stata l'occasione mancata, una strada che la musica poteva prendere ma non è stata presa. Quarant'anni dopo, sono invece arrivate in India la cocacola e i macdonalds, la discomusic e il consumismo: forse Bach è troppo alto e troppo delicato per il mondo di oggi, e probabilmente il sogno di Yehudi Menuhin da bambino (la Pace attraverso la Musica) è destinato a non avverarsi mai.
sabato 1 agosto 2009
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