La condizione minima, per chiedere soldi suonando in un luogo pubblico, dovrebbe essere quella di saper suonare. Purtroppo, spesso non è così; ed è difficile, dopo, trovare il coraggio di tirare fuori una moneta anche se piccola.
1) Siamo in metropolitana, e sale una zingara sui quarant'anni, piccola e magra, in abito di scena. Comincia a parlare, cantilenando: "... prego signori aiutatemi, io povera donna, io profuga, mio figlio non mangia da stamattina..." (il figlio non è con lei, e sono le 13:15)
2) Sempre in metropolitana, forse la stessa zingara: " ... prego signori aiutatemi, scusate me se io vi disturbo, io povera donna, io musulmana... " L'unico arabo presente le chiede, per favore, di andarsene. (luglio 2000, guerra del Kossovo)
3) Al mercato di via Papiniano, un fruttivendolo milanese di lunga data, anziano e gentile, con un commesso giovane e nordafricano. Il commesso grida, arringa la folla e magnifica la sua verdura, e anche i pomodori e i meloni.
- Vusa no, che la gent la végn istèss... - dice sottovoce, bonario ma seccato, il fruttivendolo.
La merce sembra buona, e ci fermiamo a dare un'occhiata.
- Hai visto?!?!- dice trionfante il commesso, indicandoci al suo datore di lavoro. Che risponde (sempre sottovoce, paterno, quasi tra sè):
- Ghe minga besogn de vusà. Se la roba l'è bona, la gent la végn e la cumpra istèss. Vusa no, vusa no, strascé...
("non gridare, che la gente viene lo stesso... non c'è bisogno di gridare. Se la roba è buona, la gente viene e compera lo stesso. Non gridare, che sembri uno straccivendolo...")
(aprile 2004)
Fango bollente - Vittorio Salerno
1 giorno fa
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