Il progresso in musica, e in tutta l'arte, non esiste. Esiste nella scienza, ed è innegabile, ed ancora di più nella tecnica. In musica, e nel mondo dell'arte, esistono dei momenti, delle situazioni, delle persone; dei picchi altissimi dai quali poi si ridiscende e li si contempla da lontano, tornando ogni tanto a visitarli. Ecco, quest'immagine alpina mi piace e me la tengo stretta: Mein Weg hat Gipfel und Wellenthäler, come diceva Arvo Part: la mia Via ha cime e valli.
Una volta, sul lavoro, parlavo con un ragazzo un po' più giovane di me (ero giovane anch'io) e ho espresso, con assoluta tranquillità e serenità, il pensiero che il vertice della Musica sia stato toccato tra il 500 e il 700: e il culmine è stato Johann Sebastian Bach. Un concetto tranquillo, perfino banale: ma il mio amico reagì violentemente a questa mia asserzione. Una cosa stupefacente, perché era un ragazzo di solito calmo e riflessivo; ma a lui quest'idea proprio non andava giù: Bach più progredito dell'heavy metal?? Dovevo essermi bevuto il cervello...
Con un criterio del genere (molto diffuso), in campo architettonico dovremmo buttar giù tutto, dal Duomo di Milano al Campanile di Giotto, passando per Venezia, San Pietro e il Colosseo. Per fortuna non è così, ma in futuro non è detto che non lo si faccia: già nell'Ottocento il Castello Sforzesco di Milano è stato a un passo dalla demolizione, in nome del progresso, dell'elettricità, dell'Esposizione Universale e del Ballo Excelsior.
Non lo si dice mai abbastanza spesso, ma Bach è il Galileo della musica. O il Magellano, se preferite: un Cristoforo Colombo, un Edison, un Einstein. In musica c'è un prima di Bach e un dopo. Basta guardare un pianoforte: i tasti neri del pianoforte, soprattutto quello che c'è tra il do e il re, rappresentano in modo perfetto la sintesi che fu operata dai grandi teorici della musica dal '500 in avanti, e che raggiunse il suo culmine in Bach (1685-1750). Tutta la musica scritta oggi, compresi il jazz e il rock, si appoggia su un'opera di J.S. Bach, "Il clavicembalo ben temperato".
Sarebbe un discorso troppo lungo per farlo qui, e poi io non sono un musicista e non ne sarei all'altezza. Ma quel giorno, discutendo con quel mio collega, ho capito quanto siano numerosi i pregiudizi (e l'ignoranza, triste dirlo) riguardo alla musica e alla storia dell'arte. Io so quattro o cinque cose, sono un autodidatta e in quanto a suonare o a leggere musica è meglio lasciar perdere, però mi sono informato e mi sono appassionato, e sono due cose molto più facili di quello che si pensi. Il vecchio Bach è ancora una persona viva, e anzi, per riprendere la battuta di Bulgakov su Dostoevskij, non può essere morto, perchè è immortale.
Life History of the Forget-me-not
5 ore fa
1 commento:
aggiornamento al maggio 2015: trovo un articolo su questo tema sulla rivista Le Scienze (on line), gli dedico un po' di tempo, vi si dice che è un'impressione sbagliata pensare che oggi la musica sia meno nuova e più ripetitiva rispetto a ieri. Ne dubito fortemente, perciò vado a vedere: è una statistica fatta (non mi sono segnato da quali ricercatori) su 17mila brani musicali negli ultimi 50 anni, cioè dagli anni '60 in qua. Diciassettemila sono pochini: si parla di mezzo secolo... E poi, come si fa a scegliere? Se si parte da "Andavo a cento all'ora" di Gianni Morandi e si arriva a una canzone di Sting, ovvio che la più recente è più complessa e meglio costruita. Se invece si parte da Benjamin Britten o da Stravinskij e si arriva a una delle tante banalità di Jovanotti, la conclusione sarà all'opposto.
Ne concludo che Le Scienze è una rivista molto bella e molto seria, ma anche a una rivista bella e seria può capitare di pubblicare una fetecchia, magari allo scopo di vendere qualche copia in più...
Posta un commento