Ma qui mi fermo subito, per non correre dietro a concetti troppo alti. Il rap, dicevo, è più ritmo e metrica che musica: e con questo si apparenta, forse, alla recitazione dei grandi poemi dell'antichità, ai cantastorie, alla poesia orale. Il vero problema del rap sta nella parola: di regola ci si capisce poco, e nel caso dei rappers americani io non capisco veramente nulla, e quindi mi perdo quasi completamente il fenomeno. Mi rimane la musica, il ritmo, che è poca cosa e alla lunga stanca. Ho ascoltato anche diversi rappers italiani, o qualcosa di simile al rap fatto da italiani (Caparezza è rap o è hiphop? Frankie-come-si-chiama è rap?) (Frankie HiNRG, I mean), e mi sono divertito molto. La metrica c'è, le rime sono belle e divertenti, i contenuti anche. Certo, per fare del rap bisogna avere un minimo di spessore personale; e qui sta il vero problema. Problema che, del resto, non è mica soltanto dei rappers ma di tutti noi, musicisti, poeti, film makers, blogghisti, youtubisti, telefonatori, chiacchieratori da caffè, genitori, figli, politici.
(nella foto: Caparezza & friends)

Nessun commento:
Posta un commento