" Un esercito di Prodi, da me guidato... / E la vittoria, e il plauso di Menfi tutta!"Beh, fino a tre quarti della frase sono d'accordo con Radames. E' Menfi che mi scompiglia le idee: cosa me ne faccio del plauso di Menfi tutta? A Menfi, oggi come oggi, ci sono solo rovine: rovine gloriose, ma pur sempre rovine. E chissà dove sono, oggi, i discendenti dei Menfiti.
Comunque l'Aida è sempre bella da riascoltare: non è un'opera facile per i cantanti (e alla Scala il 7 dicembre ce ne siamo accorti: meno male che c'era il maestro Chailly...), ma per chi ascolta scorre tutto liscio. E' un'opera di grande artigianato, Verdi era ormai ricco e famoso e poteva prendersi tutto il tempo necessario per scrivere come gli pareva più giusto, in maniera meditata e in bella copia; anche se, personalmente, davanti alla perfezione dell'Aida io continuo a preferire il Macbeth e l'Ernani.
Però il buon Ghislanzoni, in quel lontano 1871, "Prodi" lo aveva scritto minuscolo: questo va detto, anche se - a voler essere proprio precisi - è Verdi stesso a mettergli la maiuscola: e basta ascoltare l'inizio dell'opera (magari nelle registrazioni di Carlo Bergonzi) per accorgersene. L'Aida è un'opera intimista, da camera: tratta del dramma di tre innamorati, dei quali una - la figlia del Re - è destinata a rimanere delusa. Sembra strano dirlo, perché l'Aida è famosa per la scena del trionfo: ma si tratta, appunto, di una sola scena. Il resto è tutto dramma intimo, scene notturne con due o tre personaggi alla volta, qualcosa di piccolo e di grande nello stesso tempo.
La marcia trionfale dell'Aida sarebbe un perfetto inno nazionale per l'Italia, salvo per un dettaglio. Il dettaglio, tutt'altro che marginale, è che alla fine della marcia trionfale il coro intona un chiaro e visibile "Gloria all'Egitto". E' vero che si potrebbero cambiare le parole, ma sotto sotto si sentirebbe, il "Gloria all'Egitto". Una volta Claudio Abbado aveva detto, nel corso dei festeggiamenti per il centenario del Tricolore, che la composizione che riflette meglio il carattere degli italiani è di Rossini: l'ouverture dall'opera "La gazza ladra". Peccato per il titolo, aveva aggiunto; e anche qui mi sento d'accordo, compreso il leggero accenno d'ironia.
Del tutto fuori posto, come inno di qualsiasi tipo, sarebbe il "Va pensiero" dal Nabucco: per chi ancora non lo sapesse (e sì che è stato spiegato tante volte...) è musica bellissima, ma si tratta di un canto di sconfitta e di rassegnazione, tant'è vero che subito dopo arriva il Gran Sacerdote a rimproverarli, questi benedetti Ebrei: va bene il ricordo dei bei tempi, ma ora è il tempo di aver fede e di rimboccarsi le maniche, altro che far volare il pensiero sull'ali dorate! Ma forse sono proprio questi i tempi che corrono, forse davvero spettano all'Italia cori tristi e malinconici, forse davvero arriverà un Gran Sacerdote a sgridarci, o forse - chissà - è già arrivato e la sua sgridata l'ha già fatta. Più Padoa Schioppa che Prodi, direi, così a occhio (pardon, a orecchio). Magari mi sbaglio; comunque, nell'attesa di capirci qualcosa, mi unisco anch'io al Coro e canto "Gloria all'Egitto" e "Su, del Nilo al sacro lido". Non per altro, ma solo perché Verdi se lo merita: non ne abbiamo avuti mica tanti, di italiani come lui.
Giuliano 18 dicembre 2006
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