A metà anni '70, quando avevo 15-17 anni, avevo scoperto Alan Stivell: la sua arpa, la sua voce e le sue cornamuse. Il suo disco più famoso (ma non quello che mi piaceva di più) era "Live in Dublin", ovvero "E Dulenn" (cioè la stessa cosa, ma in gaelico). Un disco trascinante, con melodie antiche bretoni e anglosassoni, in un mix di strumenti popolari e chitarre elettriche. Oggi la chiamano "musica celtica": e forse per Stivell è giusto, visto il suo ruolo di pioniere nel recupero della tradizione; ma sotto quest'etichetta ormai mettono di tutto, comprese le ballate medievali inglesi e il folk americano, ed è un peccato. Comunque sia, quel disco era la registrazione di un concerto tenuto a Dublino, che iniziava con una danza trascinante; sul cui ritmo si inseriva la voce tribunizia di Stivell, che declamava in francese queste parole (sono sulla copertina del disco, perciò è facile trascriverle): "Ecco venuto il tempo della Liberazione ("délivrance"), lontano da noi le idee di vendetta, manterremo l'amicizia col popolo francese, ma abbatteremo le vergognose mura (...) E' forse troppo pretendere d'essere uguali? E' forse troppo domandare di poter vivere? (...) " E continuava, con un effetto inebriante e un crescendo di cornamuse, con paragoni tra Bretagna, Spagna, Indocina, Palestina, Mali, Cile: il Cile di Pinochet, una tragedia appena successa e ancora in corso.
Ma da dove veniva questo Stivell, e cos'era mai successo di così grave dalle sue parti? Nella mia ignoranza, era più che legittimo che me lo chiedessi: tanto più davanti ad una voce così affascinante e trascinante. E dunque avevo scoperto che Stivell era bretone, quindi francese; che all'anagrafe si chiama Alain Cochevelou, che con tutta evidenza non è un nome abbastanza poetico ed evocativo. Per quanto possa essere stata grave la situazione dei bretoni in Francia, a quanto mi risulta, non è mai successo niente di nemmeno lontanamente paragonabile alle guerre d'Indocina, ma nemmeno alla situazione dei catalani e dei baschi sotto la dittatura franchista... Mah, ero rimasto perplesso e lo sono ancora. Continuo ad ascoltare Stivell, la sua arpa e le sue cornamuse; ma questa sua "Delivrance" mi ha lasciato seri dubbi sulla sua persona, che ormai durano da trent'anni. Vedo però che per altri non è andata così, la voce trascinante di Monsieur Cochevelou ha fatto proseliti importanti, dal Mel Gibson di Braveheart fino ai fasti del prato di Pontida. Stivell papà dei leghisti? può darsi, ma io sono comasco e forse è per questo che diffido. Ai tempi di Pontida (quella vera, non quella di plastica) i comaschi stavano col Barbarossa...
(Giuliano 14 giugno 2005)
Fabrizio RAVANELLI
16 ore fa
2 commenti:
mi ricordo di Stivell, lo ascoltavo molto, suoni antichi, magici.
poi, verso la fine degli anni '80, sono andato a Lorient, al festival interceltique, davvero bello, c'erano, di sicuro, Dan Ar Braz e, mi sembra, i Fairport Convention
Stivell mi piace moltissimo quando è più "arcaico", lui e l'arpa. Non ha una bella voce, ma per quelle musiche la bella voce non serve.
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