giovedì 16 luglio 2009

Felicità delle tortore

Che brutto verso che fanno le tortore; e quando cominciano non la finiscono più. Tutto il giorno a fare gu-guru, o come lo volete scrivere; che poi cambiano verso secondo le località, come se fossero lingue o dialetti diversi. Così capita agli uccelli, e agli altri animali, come hanno dimostrato gli etologi già da parecchio tempo. Per esempio, le balene del Canada "cantano" diversamente da quelle della Nuova Zelanda; ma pare che già un uccellino milanese canti diversamente da un uccellino mantovano, anche se in questo caso bisogna proprio essere degli intenditori per accorgersene; o magari, chissà, chiedere una consulenza a San Francesco d'Assisi. In Marocco, per esempio, ricordo delle tortore molto attente alla loro storia antica, che dicevano giu-gu-rta infinite volte al giorno, così che poi mi è toccato documentarmi, una volta tornato a casa, sul re di Numidia vinto da Caio Mario nel 104 a.C. (e anche da Quinto Metello e da Calpurnio Bestia, ma così è meno fine da raccontare). Ma poi le tortore sono belle bestie, hanno un aspetto piacevole, e anche il loro verso diventa simpatico. Le tortore sono simbolo della fedeltà: pare che, una volta formata la coppia, non si lascino mai e continuino a cercarsi e a chiamarsi quando devono separarsi, anche solo per un attimo. Intorno a casa mia c'è una coppia di tortore, ormai da molti anni: non so se sono sempre le stesse, forse siamo già alla seconda o terza generazione e io non ci ho fatto caso. Una volta hanno perfino fatto il nido in un "nodo" dei fili dell'Enel... Eccole ancora qui davanti, sotto la mia finestra: non si lasciano mai, si cercano, si chiamano, sono affettuose, si baciano e si strofinano, e ripetono quel loro brutto verso che ormai comincia a piacermi sempre di più.
(Giuliano 30 marzo 2005)

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