Non è vero che gli Svizzeri ci hanno dato solo il cioccolato e l'orologio a cucù: lo diceva il personaggio interpretato da Orson Welles nel "Terzo uomo", ma la Confederazione Elvetica ci ha dato, oltre a Carl Gustav Jung, un clown meraviglioso come Grock, un altro bravo clown come Dimitri, e anche un altro bel matto come Paul Klee.
Leggo che Klee ci ha lasciato novantamila opere, tra dipinti e disegni: e sono uno più bello dell'altro. Klee disegnava e dipingeva dappertutto, e la maggior parte delle sue opere sono su carta, perciò difficili da conservare. Carta qualsiasi: carta da pacco, carta di giornale, tutto quello su cui si poteva scrivere, o dipingere, appena ne aveva voglia: e cioè sempre. Klee è la felicità dello scrivere, l'ispirazione allo stato puro. Quando dipinge, Paul Klee è un bambino: quasi sempre un bambino felice o sereno, ogni tanto serio o pensoso, raramente spaventato. Ma, si sa, ai bambini capita, ogni tanto, di essere spaventati. Il mondo è pieno di cose incomprensibili, e noi tutti, davanti al suo mistero, ci ritroviamo spesso nella condizione di un bambino di tre anni; la reazione di stupore, di meraviglia, di gioia è la stessa che ritrovo, ogni volta, davanti all'opera di Paul Klee.
Longlegs – Oz Perkins
1 ora fa
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