«(...) L'arte esiste solo se ci sono delle cose segrete, qualcosa che non viene detto e che non si può dire (...) l'arte oggi non cerca illusione. Viviamo in un realismo assoluto e tecnologico, che non consente segreti. (...) Tutta l'arte, o la maggior parte dell'arte, che si vede alla Biennale è virtualmente decorativa, potrebbe essere venduta ai grandi magazzini. Del resto, è una cosa che si fa normalmente, c'è solo il decreto di chi afferma che è arte a distinguerne la specificità. (...) Il messaggio dovrebbe essere che non c'è più nulla da dire. Si visualizza l'idea dell'arte, siamo al limite estremo, dove l'arte è al minimo, non è più forma ma è un'idea. (...) Se l'arte è ovunque, allora cessa di esistere. (...) La morte dell'arte è un paradosso: l'arte muore per eccesso di arte. Il taglio è rappresentato da Duchamp, che ha messo in campo (...) la promiscuità totale fra l'oggetto e il museo, per cui qualsiasi cosa può entrare nel museo. Non ci sono più posizioni singolari, ognuno crea le sue regole del gioco. Tutti possono produrre, non ci sono più segreti, tutti possono affermare qualcosa e hanno il diritto di farlo. Dal punto di vista dell'artista, il tema centrale diventa il fatto che sta dipingendo, non più l'oggetto reale. Tutti diventano creatori, c'è una mobilitazione generale che porta al paradosso per cui non c'è più un destinatario, tutti sono trasmettitori. Ognuno crea la propria espressione, e non ha più tempo di ascoltare gli altri. (...) »
Jean Baudrillard, da Repubblica del 6 gennaio 2004 (intervista di Pico Floridi)
(Giuliano 7 aprile 2004 )
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