Ho eliminato dalla cantina un vecchio scaffale pericolante. Siccome le spalle dello scaffale erano alte due metri ed erano piuttosto ingombranti, ma erano di un bel legno chiaro e robusto e potevano venir buone a qualcosa, le ho sistemate in via provvisoria là dove potevano stare senza dar fastidio: in giardino, appoggiate al garage.
Qualche giorno dopo (quanta polvere che si mangia nelle cantine! poi per un po’ ti passa la voglia di lavorare...) sono sceso a trafficare di nuovo in giardino, e mi sono trovato a tu per tu con un ospite molto deciso: un insettone volante, nero nero e dall’aspetto deciso, che non sembrava avercela con me ma piuttosto con quel che restava del mio scaffale smontato.
L’ho osservato meglio che potevo: famiglia delle api, forse un bombo, ma al contrario del bombo che è lento e pacioso, e metodico nell’interessarsi soltanto dei fiori, questo insettone nero era duro, coriaceo, dalle ali nere e tese, dure anch’esse e dal volo molto rumoroso. Il legno dello scaffale pareva interessargli molto, ed era evidentemente disturbato dalla mia presenza che gli impediva di fare qualsiasi cosa. Cosicché l’ho lasciato stare, e sono andato in casa a prendere il libro che consulto sempre quando mi vengono di queste curiosità.
Il mio bombo-moscone-calabrone nero si chiama xylocopa violacea; la “Guida agli insetti d’Europa” di Michael Chinery (editore Muzzio) lo mette tra le api e lo descrive così: « xylocopa è un genere che comprende grandi api nere che di solito hanno brillanti riflessi violacei sulle loro ali scure. Scavano il legno morto e sono note come api legnaiole.» .
Dalle mie nozioni di chimica so che il legno è fatto di cellulosa, e che la cellulosa – in sostanza – è uno zucchero molto complesso. Un molecolone enorme, così grosso che il nostro intestino non lo può digerire: ma i tarli, le termiti, e lo xylocopa sì. Se avessimo gli enzimi giusti, anche noi potremmo mangiare il legno, e credo che sarebbe una delizia: ma il Signore nella sua lungimiranza ci ha destinati ad altro.
Quel legno del mio scaffale doveva essere buonissimo. M’era venuta la tentazione di assaggiarlo, ma – che tristezza – io non sono uno xylocopa, non solo non posso volare ma non so nemmeno digerire il legno; e non saprò mai che sapore ha, e che differenza passa tra il faggio e il pioppo in termini organolettici. Beh, pazienza, sarà per la prossima vita: ma a dire il vero mi sono prenotato come ape, ape comune o magari bombo vista la mia stazza attuale: passare la vita volando di fiore in fiore mi sembra un bel destino e un bel lavoro, ma chissà cosa ne pensano le api vere. In fin dei conti, finché non si prova non si sa a che cosa si va incontro, come direbbe Er l’Armeno (vedi Platone, La Repubblica).
(Giuliano 19 giugno 2007)
Fango bollente - Vittorio Salerno
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