Renoir e Courbet, n.2
Lì vicino, la "fucilazione" di Manet, un piccolo quadro che ricorda il famoso Goya e che anticipa Picasso. E, di Monet, una "Veduta di Londra sotto la nebbia" che si direbbe un Folon. Tra i disegni (acqueforti) di Manet è bello il frate domenicano che dice: Silentium! Ma sull'altra parete ci sono i disegni di Auguste Renoir, ce ne sono tanti e molti sono capolavori. Poi risalgo, torno indietro e mi metto davanti ai quadri più famosi, finalmente liberi e abbastanza osservabili. E' sempre così nelle grandi mostre, e nei musei: i quadri più famosi sono quelli che si vedono peggio, perché c'è sempre molta gente intorno, magari intenta a fare inutili fotografie e filmati più o meno clandestini. Molto spesso ci sono sorprese, il quadro famoso che hai visto tante volte riprodotto sui giornali è più grande o più piccolo di quello che pensavi, e i colori sono sempre diversi (i colori giusti non vengono mai, sulle foto). Molto spesso c'è anche la delusione ad attenderci, di solito per via dell'illuminazione: troppa luce o troppo poca, o mal disposta ( terribili i riflessi di luce sui dipinti ad olio! ma illuminare bene i quadri è un'arte difficile). Ma qui non ci si può lamentare, le mostre sono sempre ben studiate e l'ambiente è giusto, né troppo grande né troppo piccolo, e ben illuminato. In questa mostra, il mio secondo quadro preferito è "La lezione di scrittura" di Renoir: dove Renoir figlio sembra una bambina, con i lunghi capelli biondi. E il viso del bambino rimanda alla simpatica faccia, quasi da uomo di neve, di Jean Renoir adulto come appare nel personaggio di Octave, in "La regola del gioco": ma questo è un altro discorso, e prima o poi bisognerà tornarci sopra, prima che troppa televisione e troppi videogames cancellino del tutto l'opera dei Renoir, padre e figlio.
Longlegs – Oz Perkins
1 ora fa
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