giovedì 16 luglio 2009

Abito di vespa


Reduce da un turno di notte, dormo fino ad un'ora del mattino incomprensibile per le persone normali. A svegliarmi è un rumore improvviso, molto forte: una ventola, un motore, un sibilo? Forse sono i giardinieri qui sotto, provo a immaginare, intenti a tagliare le siepi. Ma poi il rumore riprende, sempre più forte e strano; non può essere un tosaerba, ed è proprio sopra la mia testa. Cosa sarà mai?
Mi preoccupo un po' (non sono ancora del tutto sveglio) ma poi capisco, sbuffo, sorrido un po' e mi alzo. Eccola lì, sullo scaffale, che lavora. Non la vedo bene, ma ormai so che c'è: dò una manata sulla libreria, e l'Eumenes pomiformis se ne vola via.
Una vespa, già: di quelle solitarie, lunghe ed eleganti, che per fare un nido per la sua prole ha trovato ottima la mia libreria, e per la precisione lo scaffale dove tengo Shakespeare: tra l'Amleto e il Sogno di una notte di mezza estate.
Sposto i miei libri, distruggo con un sospiro la piccola opera d'arte appena iniziata e rimetto tutto a posto.  E poi vado a vedere cosa ne diceva un grande scrittore, di questi inconvenienti: l'entomologo Jean Fabre, che però viveva in Francia e forse aveva a che fare con Eumenidi leggermente diverse dalla mia.
(...) Abito di vespa, giallo e nero, corporatura slanciata, ali non distese orizzontalmente durante il riposo ma piegate in due secondo la lunghezza; per addome una specie di alambicco alchimico, che si gonfia a forma di bulbo e si riattacca al torace per un lungo collo, prima ingrossato a pera, poi ristretto in filo; slancio poco focoso, volo silenzioso, abitudini solitarie; questo è lo schizzo sommario delle Eumenidi. La mia regione ne possiede due specie: la più grande, Eumenes Amedei Lap., misura circa un pollice di lunghezza; l'altra, Eumenes pomiformis Fabr., è la prima ridotta alla metà'.
Simili di forma e colorazione posseggono entrambe lo stesso talento architettonico; e questo si traduce in un'opera di alta perfezione che affascina lo sguardo più inesperto. La loro abitazione è un capolavoro. Eppure le Eumenidi praticano il mestiere delle armi, poco favorevole alle arti; col pungiglione trafiggono una preda, fanno bottino, rapinano. Sono imenotteri rapinatori che approvvigionano le loro larve con bruchi. (...) Gli imenotteri predatori dei quali abbiamo tracciato la storia fin qui sono meravigliosamente versati nell'arte dello stiletto; ci meravigliano col loro metodo chirurgico, che sembra esser stato loro insegnato da qualche fisiologo al quale non sfugga nulla; ma questi sapienti uccisori sono degli operai di poco merito nei lavori edilizi.
Che cos'è infatti la loro dimora? Un corridoio sotto terra una celletta all'estremità; una galleria, uno scavo, un antro informe. E' opera di minatore, di sterratore, qualche volta vigoroso, mai di un artista. Con essi il piccone smuove, la pinza stacca, il rastrello estrae e mai la cazzuola costruisce. Con le Eumenidi ecco venire i veri architetti che edificano da cima a fondo in calcestruzzo e pietre di taglio, che costruiscono all'aperto, ora sul masso, o sul vacillante appoggio di un ramo. La caccia si alterna con l'architettura; l'insetto è volta a volta Vitruvio o Nemrod. (...)
Sul luogo scelto il costruttore alza prima un muretto circolare di circa 3 millimetri di spessore. I materiali consistono in calcestruzzo e piccole pietre. Su qualche sentiero ben battuto, su qualche strada vicina, nei punti più secchi, più duri, l'insetto sceglie il suo cantiere di scavo. Con l'apice delle mandibole raschia; la polvere è imbevuta di saliva, il tutto diventa un vero cemento idraulico, che rapidamente fa presa e non è più attaccabile dall'acqua. (...) Ha bisogno, insieme al cemento, di rottami di pietra. Sono sassolini di volume pressappoco costante, quello di un grano di pepe, ma di forma e natura assai differenti a seconda dei luoghi sfruttati. Ve ne sono di angolosi a piccole facce determinate da rotture casuali; ve ne sono di arrotondati, di lisci per lo sfregamento sotto l'acqua. Gli uni sono di calcare, gli altri di materia silicea. I ciottoli preferiti, quando la vicinanza del nido lo permette, sono piccoli noccioli di quarzo, lisci e traslucidi. Questi rottami sono scelti con una cura minuziosa. L'insetto li soppesa, per così dire, li misura col compasso delle mandibole e non li impiega se non dopo aver loro riconosciuto le qualità di volume e durezza richieste.
Un recinto circolare è abbozzato, come diciamo noi, sulla roccia nuda. Prima che il calcestruzzo faccia presa, il che avviene quasi subito, il muratore impasta alcuni rottami nella massa molle, via via che il lavoro procede. Li immerge per metà nel calcestruzzo, in modo che essi sporgano largamente in fuori senza penetrare fin nell'interno, dove la parete deve restare unita per la comoda collocazione della larva. Un po' di intonaco, se ce n'è bisogno, addolcisce le gibbosità dell'interno. Al lavoro dei rottami, solidamente saldati, alterna il lavoro di calcestruzzo puro, ogni nuovo strato quale riceve un rivestimento di piccoli sassi incrostati. Man mano che l'edificio si alza, il costruttore inclina un po' la sua opera verso il centro ed esegue la curvatura da cui risulterà la forma sferica. Noi usiamo delle impalcature centinate dove appoggia, durante la costruzione, la muratura di una volta; l'Eumenide più ardita noi edifica la sua cupola sul vuoto.
Alla sommità è praticato un orifizio rotondo; e su questo orifizio si eleva, costruita in puro cemento, un'imboccatura. La si direbbe il collo grazioso di qualche vaso etrusco. Quando la celletta è approvvigionata e l'uovo deposto, l'apertura viene chiusa con un tampone di cemento; e in questo tampone è incastona un piccolo sasso, uno solo, non di più; il rito è sacramentale.
Quest'opera di architettura rustica non ha niente da temere dalle intemperie; non cede alla pressione delle dita, resisterebbe al coltello che tentasse di smuoverla senza farla a pezzi. La sua forma a cupola, i piccoli ciottoli di cui l'esterno è tutto irto, ricordano i cromlechs dei tempi antichi, certi tumuli la cui cupola è cosparsa di blocchi ciclopici.
(...)
(Jean Henri Fabre, 1823-1915) (da "Ricordi di un entomologo", edizione Einaudi, pag.265)

(Giuliano, 5 luglio 2004)

6 commenti:

giacy.nta ha detto...

ciseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscitociseiriuscito!!!!

Giuliano ha detto...

beh, se è per la figlia di Stefano...
:-)

Stefano ha detto...

Giulia ringrazia :)

Giuliano ha detto...

due libri da leggere:
- Gerald Durrell, La mia famiglia e altri animali (questo è in catalogo, da Adelphi)
- Jules Renard, Storie naturali (trovato ai Remainders)
Il libro di Durrell è molto divertente, uno dei più belli che ho letto, in assoluto

Stefano ha detto...

La mia famiglia e altri animali è un caposaldo della mia mia famiglia ... ho poi letto tutto di Durrel ...

Giuliano ha detto...

anche Primo Levi ha scritto molti racconti belli sugli animali, mi sono segnato "L'altrui mestiere" con intento di saccheggiarlo, prima o poi...
:-)
se ti capita, Eduardo Galeano: io lo sto scoprendo adesso